Jefferson, l’amaro importante dalla Calabria al tetto del mondo.



L’amaro Jefferson è talmente importante che il suo produttore lo ha scritto nell’etichetta. Se pensi che sia una definizione troppo esagerata devi sapere che questo amaro è stato premiato come liquore più buono del mondo nel 2018, deve il suo nome a uno dei tre americani che dopo un naufragio si sono stabiliti in Calabria e chi lo produce ha impostato la sua azienda secondo i riti e i ritmi contadini. Ma soprattutto, se pensi che definire “importante” questo amaro sia esagerato è perché ancora non lo hai assaggiato.
In questo podcast parliamo con Ivano Trombino di Vecchio Magazzino Doganale, l’ideatore dell’amaro Jefferson.

 


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Perché importante e cosa sono gli amari premium

Se mai ti troverai tra le mani una bottiglia di amaro Jefferson, noterai che sull’etichetta c’è scritto che quello è un amaro “importante”. È il dettaglio che ho notato mentre sorseggiavo questo amaro prodotto in provincia di Cosenza dall’azienda Vecchio Magazzino Doganale. Ivano Trombino, l’ideatore di Jefferson mi spiega che quella scritta serve per posizionare questo amaro una spanna sopra i suoi competitor. Infatti con Jefferson Trombino ha creato – mi racconta – la fascia di amari premium, prodotti cioè hanno un prezzo superiore rispetto agli standard del mercato e che vengono realizzati in maniera diversa rispetto a ciò che si trova nella stessa fascia.

La nascita dell’amaro Jefferson: una storia nella storia

L’amaro Jefferson deve il suo nome all’omonimo marinaio che alla fine del 1800 ha scoperto quel vecchio magazzino gestito da Giocondo Trombino, il nonno del nonno di Ivano, e ha deciso di restare lì insieme ad altri due marinai. La storia, raccontata sul sito ufficiale di Vecchio Magazzino Doganale, sembra essere venuta fuori dalla fantasia di un bravo ufficio marketing ma Ivano mi assicura che è vera. Ma non solo, il modo in cui lui è venuto a conoscenza di questa storia è una storia nella storia.

La citazione di Ivano Trombino di Vecchio Magazzino Doganale, inventore dell'amaro Jefferson

Qualche anno fa, su invito del padre, Ivano si mette alla ricerca del nonno che, partito per gli Stati Uniti, non aveva più fatto ritorno. Dalle sue ricerche, Ivano scopre che il nonno si era fatto una nuova famiglia e quindi Ivano scopre di avere una “nuova” zia. Tra le scoperte c’è anche l’esistenza di questo magazzino che a fine ottocento lavorava come deposito e spaccio per prodotti agricoli; un luogo che nel corso della sua attività aveva ospitato appunti i tre naufraghi americani. Ivano, decide di rimettere in piedi quel Magazzino, lavorando per lo più come fornitore di essenze per aziende liquoristiche finché non inventa la miscela che diventerà poi l’amaro Jefferson.

Una certa idea di impresa e di artigianalità

C’è infine un altro aspetto che questa intervista mette in evidenza. È la concezione che Ivano Trombino ha della sua azienda. Un concetto che ha a che fare con l’essere artigiano che non significa cioè fare tutto in casa. Essere artigiano per Ivano Trombino significa essere un produttore i cui metodi di produzione sono in accordo con la ciclicità della natura e la propria banca degli infusi. Ma non solo. È lui stesso a definirsi più un produttore che un imprenditore perché vuole mantenere vivo – mi dice – il suo rapporto con la terra (che ancora oggi lavora) e i suoi collaboratori.

Una genuinità che, seppur indirettamente, influisce sulla bontà dei prodotti e che li rende, manco a dirlo, importanti.


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Foto di copertina di Francesca Procopio.

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La trascrizione del podcast è stata realizzata grazie a transcribe.refacturing.com.