Perché abbiamo ancora bisogno del Pensiero Meridiano di Franco Cassano

Un mese fa circa è venuto a mancare Franco Cassano, intellettuale e professore di Sociologia dell’università di Bari, autore di un saggio che ha segnato la vita e gli studi di tanti, tra cui il sottoscritto. Mi riferisco a Il Pensiero Meridiano, libro che ho scoperto grazie a una podcast di Start Me Up e che, in questo ultimo mese, ho riletto, sottolineato e sintetizzato (per i sostenitori di Start Me Up). Il tutto da appassionato del Sud Italia e non da sociologo o economista. Lo preciso per mettere in evidenza eventuali pecche che la mia breve analisi potrà mostrare.

La cosa che mi ha colpito è il punto di partenza che fa scaturire il Pensiero Meridiano. Nasce – dice l’autore stesso – come “reazione teorica a una figura rappresentata in modo così negativo e caricaturale da non poter essere vera”. Oggi forse la visione del Sud non è più così negativa ma è certamente caricaturale e chi segue Start Me Up sa come la penso in proposito. Inoltre, tutto il testo parte da un concetto di “orgoglio” che non è solo amor loci ma anche “fiducia nei propri mezzi, nella volontà di accettare le sfide senza l’aiuto degli interessi tutori”.

E questi sono solo alcuni presupposti che hanno dato il via al Pensiero Meridiano.

Per evitare di divagare mi piacerebbe mettere in evidenza qui alcune citazioni che credo dicano tanto su quanto ancora questo saggio possa insegnarci nel vedere il Sud Italia in modo nuovo e quindi totalmente in sintonia con linea editoriale di Start Me Up.

La Misura non è pensabile senza l’andare a piedi, senza fermarsi a guardare gli escrementi degli altri uomini in fuga su macchine veloci. Nessuna saggezza può venire dalla rimozione dei rifiuti. È da questi, dal loro accumulo dalla merda industriale del mondo che bisogna ripartire se si vuole pensare al futuro.

Sin dalle prime pagine de Il Pensiero Meridiano Cassano mette in chiaro che la sua è una visione concreta, che si basa su quello che c’è. Possiamo immaginare ciò che vogliamo ma il punto di partenza deve essere la realtà, lo stato delle cose. E solo lavorando su queste cose possiamo costruire il nostro futuro.

Saremo tutti più ricchi non quando avremo ulteriormente incrementato il nostro bottino privato ma quando avremo restituito a tutti le strade, le spiagge e i giardini, quando saremo guariti dalla ricerca ossessiva della separazione e della distinzione. Allora la bellezza tornerà a visitarci.

Qui c’è una denuncia verso una forma di privatizzazione degli spazi messa in atto da tempo nel Sud Italia. Eppure nei racconti dei nostri padri (ma anche se penso alla mia personale esperienza) le cose più belle che mi fanno pensare al Sud Italia sono gratis o comunque accessibili. Dobbiamo renderci conto che la bellezza a cui il sud ci ha abituato non può essere ingabbiata o privatizzata: la sua gratuità è insita in quella bellezza.

La Germania come centro d’Europa ha la paranoia di centro, quella paranoia che nasce dalla sua qualità ontologica di ogni essere per definizione circondato, accerchiato. Essa non conosce l’esperienza del confine che invece i Greci avevano interiorizzato proprio attraverso la struttura frattale della propria terra, la pervasività del mare.

Questo passaggio mi piace un sacco perché dà, se vogliamo, una spiegazione scientifica all’eterna opposizione tra modelli e stili di vita di persone che vivono in parti diverse di Europa. Posto che una suddivisione così netta è comoda solo a fini teorici, c’è da dire che trovare una spiegazione “geografica” a una differenza così netta e che spesso è stata usata per gag (o in casi più gravi razzismo), beh, mi ha fatto sorridere.

In più mi ha fatto pensare a un concetto di società decentralizzata che è molto moderno. Ho pensato a tutti gli studi che ci invitano a governare il caos e gestire la modernità. Il modello mediterraneo potrebbe insegnarci molto, se visto sotto questo punto di vista.

Non è andando verso il centro dell’identità e verso le capitali degli stati che si trova il futuro. Nelle capitali dove sembra che esista il cuore della comunità degli uomini esiste invece soltanto la sua separazione dalle altre comunità, da quelle che sono al di là della frontiera.

Questo estratto richiama quanto scritto poco sopra. La bellezza della frontiera, il suo essere luogo complesso. Un luogo caratterizzato da estreme mobilità e pervasività sia dei luoghi che delle persone: caratteristiche rendono le frontiere il luogo eletto per le innovazioni.

La libertà produce lo sradicamento che a sua volta genera la richiesta di protezione. Quest’ultima però muta le sue forme e al posto dello sviluppo e del danaro ritorna di moda la durezza sacrificale delle solidarietà di appartenenza (religione o nazione) quando e dove non si è già affermata l’economia criminale.

Metto questo passaggio perché credo che sia importante far notare come Cassano giustamente non evita di prendere in considerazione anche gli aspetti peggiori del Sud Italia. Quando lo fa, li inquadra come conseguenze di quel modello occidentale a cui il Sud è chiamato a uniformarsi e che nei casi peggiori ha effetti devastanti.

È quindi l’integralismo asettico dello sviluppo quello che bisogna mettere per primo in discussione. Senza il suo declino è difficile che si riesca a favorire quello degli altri.

Chiudo forse con l’atto di accusa principale contenuto nel saggio. Quello contro lo sviluppo forsennato, un vero e proprio integralismo a cui – a detta dell’autore – il mondo Occidentale si è votato. E io non riesco a non essere d’accordo con lui soprattutto in un momento storico in cui sempre più persone (e a quanto pare anche le istituzioni) si stanno rendendo conto che uno sviluppo senza fine non è sostenibile, in nessun campo e per nessuno di noi.

Anche per questo motivo credo che oggi più che mai ci sia ancora bisogno del Pensiero Meridiano di Franco Cassano.