Le startup italiane fanno fatica a crescere?



Se fino a qualche anno fa, l’obiettivo dell’ecosistema startup italiano era quello di trovare il suo primo unicorno, oggi la questione è un’altra. Una startup che nasce in Italia, che poi si sposta all’Estero e da lì realizza la propria exit può essere considerata italiana?

In questo podcast non entriamo nel merito dell’annoso dibattito (che si ripete come un mantra ogni volta che si verifica un avvenimento del genere), ma ci siamo piuttosto chiesti: “Il mercato italiano ha un problema con la crescita delle startup?”

La domanda arriva da Fabio Sferruzzi CEO di Echoboost e Daniele Mogavero, fondatore di Hi founder, che hanno co-prodotto questo podcast. Oltre a loro, in questo episodio, per trovare una risposta convincente a questa domanda abbiamo chiesto un parere anche a Lucrezia Lucotti di 360 Capital e Silvia Mion di H-FARM.


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Un ecosistema non (ancora) focalizzato sulla crescita

Per capire se e perché una startup italiana faccia fatica a crescere è necessario guardare all’ecosistema in cui si muove. Secondo Fabio Sferruzzi quello italiano non è un ecosistema focalizzato sulla crescita. A suo avviso infatti, gli attori che lo compongono non fanno abbastanza per supportare le startup nella fase post lancio. C’è poi un problema di “cultura”, come dice Daniele Mogavero, che spesso vede tra gli startupper e i founder la volontà di voler crescere, ma senza una conoscenza adeguata per farlo.

I due hanno messo in piedi un questionario per capire quali possano essere i bisogni e le necessità delle startup italiane in fase di crescita. Se ti va di contribuire puoi dire la tua.

La raccolta dei capitali è un processo ancora troppo lento e la capacità di “fare rete”

Visto che il tema è la crescita, il primo punto che ci sembrava importante trattare è quello della raccolta di capitali. Abbiamo perciò parlato con Lucrezia Lucotti di 360 Capital che lavora tra Italia e Francia. La sua prospettiva è interessante perché può mettere a confronto i due mercati. A suo giudizio l’ecosistema italiano è ancora troppo lento, un fattore che non può che penalizzare chi vuole crescere tanto e subito come chi fa startup. Uno degli ostacoli alla lentezza della crescita secondo lei è poi l’ossessione che molte delle startup italiane hanno per il B2C. Il voler vendere al dettaglio si porta dietro spesso tanto lavoro di marketing e comunicazione a fronte di ricavi che arrivano con tempi lunghi (sempre che arrivino, è ovvio).

C’è però il mondo della ricerca e degli spinoff che, secondo Lucrezia, può davvero permettere all’Italia di fare la differenza nei prossimi anni. Sarà determinante il supporto che la filiera che sta tra gli startupper e gli investitori saprà dare all’intero comparto. Stiamo parlando di enti come acceleratori e incubatori e qui entra in gioco l’ultimo ospite di questo podcast, Silvia Mion di H-FARM.

Quando parliamo di crescita e startup Silvia non ha dubbi: il “fare rete” è l’elemento che non può mancare. Lo sa oggi che si occupa dei processi di open innovation all’interno di H-FARM, ma lo ha compreso negli anni in cui ha frequentato l’incubatore veneto come startupper.

Alla luce di questa doppia esperienza, ha maturato la convinzione di come sia necessario abbattere l’individualismo che caratterizza l’ambiente startup italiano. Questa “lotta” può essere affrontata in primis proprio dagli incubatori e acceleratori che hanno il compito di connettere le startup tra loro e con il resto delle imprese. Questo mondo infatti oggi è sempre più disposto a introdurre processi innovativi nel proprio lavoro quotidiano.

Una piccola nota conclusiva

Questo è l’ultimo episodio di Start Me Up della stagione e forse l’ultimo in generale. Ho infatti deciso di mettere in pausa l’avventura che è iniziata nel 2014 e che per 8 stagioni ha prodotto in modo più o meno regolare più di 300 podcast.

Dire che è stata un’esperienza pazzesca sarebbe sminuire tutto quello che in questi anni ho vissuto: non riesco a pensare a quanti progetti, amicizie e “cose” sono nate parlando dietro i microfoni di Start Me Up.

Ringraziare tutti uno per uno sarebbe impossibile: dico solo che è stato bello contare sul supporto di chi ha contribuito in qualsiasi modo alla riuscita di questo podcast. Grazie anche a chi lo ha ascoltato, anche solo per un minuto, e a chi lo ha commentato e condiviso. Niente era dovuto e tutto è stato più che apprezzato!

Start Me Up tornerà, ne sono certo, in un modo che ancora non so bene quale sarà. Nel frattempo, gli episodi saranno online e potrai ascoltarli come hai fatto sempre.

Alla grande!

Fabio


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Enry’s Theory: una guida per fare impresa nell’incertezza del contesto.

Tra le definizioni che ritengo più calzanti nel descrivere cosa sia una startup c’è quella di Eric Rise. Secondo l’autore di The Lean Startup una startup è: “Un’organizzazione impegnata a costruire qualcosa di nuovo, in condizioni di estrema incertezza”.

La parte che trovo più interessante è l’ultima, quel “in condizioni di estrema incertezza” che dà, a mio avviso, la cifra di quanto il mondo di chi fa impresa sia dinamico, sfidante e pieno di dubbi.

È il mondo in cui si muove Enry’s Theory – Teoria, modelli e metodi per la gestione dell’economia liquida (nell’Era dell’Acquario). Scritto da Luigi Valerio Rinaldi, questo libro sintetizza l’esperienza che il fondatore di Enry’s Island ha vissuto seguendo numerose startup.

Naturalmente non siamo davanti a un memoir, bensì a un manuale che fissa nero su bianco la Enry’s Theory.

Rendere il proprio business “aderente al cambiamento” di paradigma.

La Enry’s Theory è la teoria – appunto – creata per “definire in maniera innovativa, efficace ed efficiente i fattori necessari per la creazione di valore economico e finanziario, assumendo una prospettiva adeguata al contesto attuale, che è quello di una economia liquida”.

L’economia liquida è quella caratterizzata da un’enorme volatilità degli elementi e degli attori coinvolti, un contesto in cui le connessioni sono tante e non sempre durature. È un tipo di economia che impone a chi ci lavora di non potersi preoccupare solo degli aspetti meramente materiali: chi oggi si appresta ad avviare una nuova impresa sa che l’aspetto economico (per citare il più banale) è solo uno dei fattori da tenere sott’occhio.

Ma Enry’s Theory non si limita a mettere in guardia l’imprenditore dal tenere conto di questi aspetti. Fornisce piuttosto un metodo per prevedere e misurare tutte le componenti, anche quelle considerate intangibili, per “rendere aderente il proprio business con gli attuali cambiamenti di paradigma”.

Le parti della Enry’s Theory

Muovendosi in questo contesto “liquido”, la Enry’s Theory si basa sul cosiddetto Enry’s Model, che a sua volta poggia su due paradigmi: quello degli asset e quello delle attività. Il primo fa riferimento agli elementi materiali e immateriali che concorrono alla creazione di valore, mentre il secondo si concentra sulle attività che ogni impresa è chiamata a fare per raggiungere i propri obiettivi.
Ogni evento legato al business verrà quindi analizzato utilizzando questi due paradigmi.

Attraverso poi il cosiddetto Enry’s Assessment sarà possibile valutare le performance di ogni attore coinvolto. Mentre grazie alla Enry’s Evaluation sarà possibile stabilire il valore economico-finanziario dell’azienda.

Da questi brevi cenni è facile intuire la portata del modello presentato da Rinaldi all’interno del suo libro. Ma soprattutto la sua totale contemporaneità del contesto in cui si muove. Questo è l’elemento di forza della Enry’s Theory, l’elemento che promette di guidare, nell’incertezza del contesto, chi vuole fare impresa.

Recensione scritta su invito dell’ufficio stampa di Enry’s Island che ha spedito una copia del volume presso i nostri uffici.

Fare startup nel settore salute imparando dai più bravi: 3 storie di successo.

Pubblichiamo con piacere l’articolo scritto da Elena Cicardo sul ciclo “Fare Startup nel settore salute”, che avevamo annunciato qui.

Come fa un’idea nata in un laboratorio di ricerca a diventare una startup di successo in ambito internazionale? Quali sono gli errori assolutamente da evitare? E quali gli elementi chiave che permettono di attrarre gli investitori?

Chiunque stia pensando di mettere in piedi un progetto imprenditoriale vorrebbe avere delle dritte, soprattutto se il settore che si vuole innovare è particolarmente complesso come quello dell’Healthcare che presenta grosse barriere all’entrata, un time to market molto lungo e iter regolamentari complessi, per esempio per ottenere le certificazioni dei dispositivi medici.

Per questo il Consorzio ARCA, l’Incubatore d’Imprese dell’Università degli Studi di Palermo, insieme a EIT Health, la rete dell’Istituto Europeo di Innovazione e Tecnologia (EIT) dedicata al settore sanitario, ha organizzato un ciclo di tre incontri online dal titolo “Fare startup nel settore salute: buone pratiche e storie di successo”, moderati da Fabio Bruno, conduttore del podcast Start Me Up, in occasione dei quali è stato possibile dialogare direttamente con alcuni imprenditori che ce l’hanno fatta, così da conoscere le difficoltà che hanno dovuto affrontare e le strategie individuate per superarle.

Le tre storie di successo di startup nel settore salute

Il primo appuntamento ha avuto come protagonista Ivan Porro che con la sua startup SurgiQ ha dato vita a una piattaforma software basata sull’intelligenza artificiale che supporta gli ospedali pubblici e privati con l’ottimizzazione delle risorse e l’automazione della programmazione dei trattamenti chirurgici e fisioterapici. SurgiQ ha ricevuto già 4 round di investimenti. L’ultimo, da 410mila euro, è dell’anno scorso in piena pandemia e ha dentro Gruppo Cassa Depositi e Prestiti venture capital.

È stata poi la volta del giovane imprenditore Alessandro Monterosso, uno dei 100 top manager italiani per Forbes. La sua startup PatchAI si propone di migliorare la ricerca clinica, e adesso anche la pratica clinica standard, attraverso un assistente virtuale empatico che coinvolge il paziente e raccoglie i dati conversazionali in tempo reale. Nel 2020 PatchAI si è aggiudicata la competizione EIT Health “Catapult”, a gennaio del 2021 ha chiuso un round da 1,7 milioni di euro e a novembre è stata acquisita da Alira Health, colosso americano della sanità.

La terza storia di successo è stata quella della startup palermitana Restorative Neurotechnologies, raccontata dalla sua co-founder Agnese Di Garbo. Il suo team, guidato da Massimiliano Oliveri, medico neurologo e professore ordinario di Neuroscienze Cognitive, dopo 20 anni di ricerca accademica ha progettato le “Mindlenses”, delle lenti prismatiche affiancate da un’app di serious games che stimolano le funzioni cognitive, l’attenzione, la memoria o il linguaggio. Lo scorso anno sono state giudicate come lo strumento più innovativo e completo nel panorama europeo in ambito medicale e hanno ricevuto un investimento da un milione di euro.

Gli elementi chiave di una startup di successo

«Con questo ciclo di incontri abbiamo voluto raccontare storie di successo in modo onesto, senza nascondere le criticità – Spiega Monica Guizzardi, responsabile comunicazione del Consorzio Arca – Per una startup del settore della salute, dal biomedicale al farmaceutico ai servizi alla persona, il percorso che dall’intuizione porta all’immissione sul mercato del prodotto validato è più lungo e tortuoso rispetto ad altri settori, perché spesso si tratta di idee che valorizzano risultati che vengono dalla ricerca, ci sono di mezzo brevetti, servono certificazioni che sono molto complesse da ottenere. Per questo ascoltare le difficoltà incontrate, gli errori commessi e le lezioni imparate da chi ce l’ha fatta crediamo sia importantissimo e possa servire da ispirazione a chi vuole mettere in piedi una startup innovativa».

Dalle storie di successo infatti sono emerse delle costanti, degli elementi chiave ricorrenti utili per chi vuole fare impresa.

Il team è l’elemento più importante. E chi investe ne tiene conto ancor di più dell’idea stessa. Se il team funziona, è eterogeneo e unito può anche aver sbagliato completamente la proposta iniziale di prodotto o segmento di mercato. Guidato arriverà comunque a ottimi risultati.

Gli investitori non sono solo denaro. Vanno scelti bene, non solo per la loro capacità economica ma anche per i loro valori, per il network che hanno alle spalle e quindi per le relazioni che sono in grado di attivare.

Ascoltare clienti, investitori e mercato. Non si deve pensare solo alla propria tecnologia e a come questa migliorerà il mondo ma stare in ascolto, perché altrimenti si rischia di progettare una soluzione perfetta per un problema che non esiste.

Tenere salde la vision e la mission aziendale. A volte può essere necessario orientarsi meglio rispetto ai bisogni del mercato ma non si deve perdere l’obiettivo iniziale. Significa, come il pivot nel basket, fare sì uno spostamento ma mantenendo uno dei due piedi ben saldo a terra.

Non sottovalutare la comunicazione. È importante comunicare in modo semplice ed efficace con contenuti specifici e molto targhettizzati a seconda degli interlocutori.

Imparare a delegare. Soprattutto nel caso di spin-off universitari, con team composti da ricercatori, il processo di delega sugli aspetti di business può essere fondamentale per crescere.

Fare parte di una rete. Entrare nell’ecosistema giusto, fatto di eventi, competition, momenti di formazione, è vitale per una startup, per raggiungere delle milestones nel proprio percorso di crescita internazionale.

Accedere a un network come EIT Health, che non a caso è stato fondamentale per il successo delle tre startup raccontate, significa poter dialogare con persone che conoscono esattamente le criticità del settore di riferimento, e beneficiare di supporto e servizi ad alto valore aggiunto che permettono all’innovazione di fiorire.

Quali e dove sono gli incubatori certificati al Sud Italia?

Gli incubatori certificati sono una parte importante dell’ecosistema italiano delle startup. Ci sono (almeno sulla carta) sette incubatori certificati al Sud Italia: sapere quali sono e dove si trovano è un buon modo per capire se e come interagire con alcuni di essi.

Stabiliti per decreto legge, gli incubatori certificati sono spesso oggetto di critiche perché accusati (a torto o a ragione) di non dare il contributo che dovrebbero all’ecosistema italiano in termini di innovazione.

Naturalmente generalizzare non fa mai bene e in questo articolo ci limiteremo a fornire informazioni su cosa sono gli incubatori certificati, perché potrebbero essere utili per la tua prossima idea di impresa e indicarti le regioni del Sud Italia dove sono presenti.

Cosa sono gli incubatori certificati

Gli incubatori certificati nascono nell’autunno 2012 quando il Governo Italiano ha deciso di supportare quelle aziende che avevano (e avrebbero) fornito un aiuto allo sviluppo delle startup innovative attraverso un riconoscimento giuridico e una serie di agevolazioni.

È possibile trovare la definizione di incubatore certificato nell’articolo 25, comma 5, del Decreto Legge n. 179:

“…l’incubatore di startup innovative certificato, di seguito «incubatore certificato» è una società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, di diritto italiano ovvero una Societas Europaea, residente in Italia ai sensi dell’articolo 73 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che offre servizi per sostenere la nascita e lo sviluppo di startup innovative”.

Sempre nello stesso decreto sono indicati i requisiti che un’azienda deve possedere per poter essere riconosciuta come incubatore certificato.

Le aziende devono, ad esempio, disporre di “strutture, anche immobiliari, adeguate ad accogliere startup innovative, quali spazi riservati per poter installare attrezzature di prova, test, verifica o ricerca” con locali adeguatamente attrezzati per effettuare dei test o prototipi e ovviamente con accesso alla rete internet.

Oltre a quelli strettamente strutturali, le aziende devono possedere altri requisiti: come ad esempio avere un’amministrazione o direzione composta da “persone di riconosciuta competenza in materia di impresa e innovazione”, devono avere regolari rapporti con enti di ricerca e devono dimostrare di aver avuto già esperienza nel campo delle startup innovative.

I vantaggi offerti da un incubatore certificato

Ok, ma perché un incubatore dovrebbe essere “certificato”? Il riconoscimento di questo status permette all’azienda che lo ottiene una serie di vantaggi, amministrativi e fiscali.

Per esempio gli incubatori certificati possono beneficiare di un intervento semplificato, gratuito e diretto del Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese. Si tratta di un fondo a capitale pubblico che facilita l’accesso al credito attraverso la concessione di garanzie sui prestiti bancari. La garanzia può coprire fino allo 80% del credito erogato dalla banca alle startup innovative e agli incubatori certificati, fino a un massimo di 2,5 milioni di euro.

Inoltre gli incubatori certificati sono esentati per i primi cinque anni di attività dal pagamento dell’imposta di bollo e dei diritti di segreteria dovuti per gli adempimenti relativi alle iscrizioni nel Registro delle Imprese. In più non sono tenuti a pagare il cosiddetto diritto annuale dovuto in favore delle camere di commercio.

Gli incubatori certificati hanno inoltre la possibilità di utilizzare strumenti di partecipazione al capitale sociale, le cosiddette stock option, e possono retribuire i propri collaboratori con sistemi di work for equity.

Infine, viene garantito agli incubatori certificati un accesso prioritario al programma Italia Startup Visa: le candidature al visto per lavoro autonomo provenienti da cittadini non UE che intendono avviare una startup innovativa in Italia mediante il sostegno di un incubatore certificato godono di un canale ulteriormente semplificato rispetto a quello già ordinariamente previsto nell’ambito del programma ISV.

Per conoscere il dettaglio di tutte le agevolazioni riservate agli incubatori certificati rimandiamo al sito del Ministero dello Sviluppo Economico.

Quali sono gli incubatori certificati al Sud Italia

Non tutte le regioni del Sud Italia hanno un incubatore certificato. In Campania e Sardegna ce ne  sono due per regione e queste aziende hanno la sede in due città diverse. Il resto delle regioni del Sud Italia ha un solo incubatore certificato ad esclusione della Sicilia dove, ad oggi, non risulta nessun ente di questo tipo.

Di seguito l’elenco dei singoli incubatori*:

Basilicata

Calabria

Campania

Puglia

Sardegna

*Dati estrapolati dall’elenco presente su https://startup.registroimprese.it.

Immagine di copertina di Tyler Franta via Unsplash.

Cerchi lavoro in una startup? Queste sono le offerte di Novembre

Siamo andati alla ricerca dei principali annunci pubblicati online nelle ultime settimane. Sono posizioni di lavoro in startup e non solo che spaziano dalla programmazione al marketing. Molte aziende richiedono la presenza, mentre per altre è possibile lavorare da dove si è. Vediamo le offerte in dettaglio.

Se sei una startup e vuoi allargare il tuo team, faccelo sapere e saremo lieti di inserire il tuo annuncio nel prossimo numero di Bacheca.

Boom

BOOM - lavoro in startup

BOOM è una startup che ha creato una piattaforma automatizzata end-to-end per produrre e gestire risorse visive in tutto il mondo.

Cosa cerca? Brand Specialist

Dove? Lavoro da remoto (in Europa)

Per saperne di più: Annuncio su LinkedIn.

Solenica

Solenica - lavoro in startup

Solenica è una startup focalizzata sulla sostenibilità e il benessere. L’ambizione più grande del team di Solenica è creare una nuova categoria nell’industria globale dell’illuminazione di consumo. Il loro prodotto di punta, Caia, è un eliostato residenziale dal bellissimo design che permette alle persone di reindirizzare la luce solare negli spazi interni.

Cosa cerca? Marketing Executive

Dove? Remoto

Per saperne di più: Annuncio su LinkedIn.

Startup Geeks

Startup Geeks - lavoro in startup

Startup Geeks è una startup con un obiettivo ben chiaro in testa: supportare ogni giorno persone che, come noi, vivono di innovazione.

Cosa cerca? Innovation Project Lead

Dove? Remoto

Per saperne di più: Annuncio su LinkedIn.

2Hire

2hire - lavoro in startup

2Hire è la startup che ha creato il primo sistema di scooter sharing elettrico a Roma, al momento attivo solo per gli studenti LUISS Guido Carli.

Cosa cerca? Product Manager, Car Hacker, Electronic Engineer, Frontend and Backend Developer

Dove? Roma/Milano/Remoto

Per saperne di più: Annunci di lavoro sul loro sito.

Progetto Rena

Progetto Rena - lavoro in startup

RENA è un laboratorio di protagonismo civico, un’associazione formata da persone di tutta Italia che credono nell’importanza di lavorare sulle condizioni che “danno forma alla società”. Persone che vogliono un Paese aperto a sperimentare politiche innovative, in cui le soluzioni ai problemi siano formulate e gestite in modo più collaborativo e trasparente, nel quale gli attori pubblici e privati si sentano responsabili delle proprie azioni verso la collettività.

Cosa cerca? Project Manager

Dove? Remoto

Per saperne di più: Leggi la descrizione della posizione.

Kyso (Spagna)

Kyso - lavoro in startup

La mission di Kyso è quella di costruire la migliore piattaforma per le aziende e i team di ricerca per condividere e discutere i rapporti di analisi dei dati. Il loro punto forte è la capacità di presentare i report tecnici in modo che siano compresi anche da un pubblico che non ha dimestichezza coi dati.

Cosa cerca? DevOps/Self-hosted Engineer

Dove? Remoto in Europa/Spagna

Per saperne di più: Annunci di lavoro sul loro sito.

Foto di copertina Eric Prouzet on Unsplash.

Dalla ricerca all’impresa: un ciclo di incontri racconta le startup del settore salute.

Sono tre gli incontri in programma, dedicati ad altrettante startup operanti in ambito sanitario.

L’obiettivo è ascoltare direttamente dagli imprenditori di startup del settore salute il racconto del percorso che hanno affrontato partendo dalle attività di ricerca fino all’ingresso sul mercato.

Ormai da tempo infatti il mondo delle startup attinge da quello della ricerca e sarà quindi interessante capire insieme il cambio di prospettiva che si è reso necessario per affacciarsi, dai laboratori di ricerca, al mondo delle startup.

Quali sfide hanno dovuto affrontare? E soprattutto, cosa è necessario per rendere questo percorso sempre più semplice?

Le startup del settore salute protagoniste di questo ciclo di incontri

I tre incontri di Fare startup nel settore salute: buone pratiche e storie di successo si svolgeranno online e tra le 14:30 alle 15:30 con il seguente calendario.

  • Si inizia il 21 ottobre con Ivan Porro di SurgiQ. SurgiQ è una piattaforma software basata sull’AI che supporta gli ospedali privati e pubblici con l’ottimizzazione delle risorse e l’automazione della programmazione dei trattamenti chirurgici e fisioterapici.
  • Il 4 novembre sarà la volta di Alessandro Monterosso di PatchAi. PatchAi attraverso un assistente virtuale empatico coinvolge il paziente e raccoglie i dati conversazionali in tempo reale con l’obiettivo di rendere la ricerca clinica e le cure di routine intelligenti e accessibili.
  • Si chiude il 18 Novembre con Agnese di Garbo di Restorative Neurotechnologies. Operando nella cosiddetta terapia digitale, Restorative Neurotechnologies sviluppa strumenti avanzati per la riabilitazione cognitiva, a partire dalla migliore ricerca italiana nelle neuroscienze e nelle tecnologie biomediche.

ATTENZIONE! La partecipazione agli eventi è gratuita, ma è necessario iscriversi attraverso la piattaforma eventbrite. La prenotazione può essere effettuata per ciascun evento.

Il ciclo Fare startup nel settore salute: buone pratiche e storie di successo è organizzato da Consorzio Arca in collaborazione con Eit Health. A moderare ciascun incontro sarà il “nostro” Fabio Bruno.

Vi aspettiamo!

Se hai una startup e vivi in Sicilia la Regione ti porta a SMAU 2021

I tempi sono stretti, ma l’occasione è ghiotta. Qualche giorno fa la Regione Siciliana ha aperto una manifestazione d’interesse per le startup siciliane interessate a partecipare a SMAU 2021, che si terrà a Milano (FieraMilanoCity, MiCo) il 12 e 13 ottobre.

La scadenza per l’invio delle candidature è il 10 agosto: qui tutte le informazioni per sapere come candidare la propria startup.

Quali startup possono candidarsi a SMAU 2021?

Le startup siciliane che possono candidarsi per partecipare a SMAU 2021 devono essere in possesso dei seguenti requisiti:

  • prodotto o servizio pronto per il mercato
  • contenuto innovativo del prodotto o servizio
  • interesse ad uno sviluppo commerciale, anche su scala internazionale
  • interesse a trovare partner e investitori industriali o finanziari.

Tra tutte, saranno selezionate 15 startup che potranno partecipare gratuitamente a SMAU 2021, in programma il 12 e il 13 ottobre presso FieraMilanoCity, MiCo.

Perché partecipare a SMAU 2021

SMAU - logo

SMAU 2021 si terrà in presenza e sarà un evento interamente dedicato all’ecosistema dell’innovazione. Gli organizzatori infatti stanno lavorando per dare la possibilità ai presenti di mettere insieme:

  • le migliori 100 startup di tutta Italia pronte per affiancare le imprese esistenti nel soddisfare le loro esigenze di innovazione;
  • le corporate italiane interessate ad una logica di co-innovazione: dal mondo energy & multiutility con ENEL, ENI, Terna, ACEA, e-on, Siram Veolia, alla mobility con Stellantis, Ferrovie dello Stato, Trenord, al food con Esselunga, Parmalat, Amadori, al pharma con Angelini, Dompé, Chiesi Farmaceutici, Sanofi, ecc.
  • i rappresentanti istituzionali coinvolti sui temi dell’innovazione: il Ministero Affari Esteri, il Ministero per lo Sviluppo Economico, ICE, Invitalia, le Regioni più attive sui temi dell’innovazione e numerosi Comuni e Città metropolitane che si sono distinti per progetti di innovazione.
  • gli operatori internazionali interessati a conoscere i protagonisti dell’ecosistema italiano dell’innovazione: Facebook, Amazon, Barclays, Rainmaking, Techstars, Università di Basilea e altri 40 selezionate corporate, acceleratori e investitori.

SMAU,  la Regione Siciliana e Start Me Up.

Già da qualche anno la regione Siciliana collabora con SMAU per permettere alle aziende e alle startup isolane di trovare nuove opportunità di crescita e collaborazione. Start Me Up negli anni passati ha dedicato spazio alla fiera che, per la prima volta è arrivata in Sicilia due anni fa con l’edizione tenutasi a Palermo.  Clicca su ciascuna immagine per ascoltare i podcast!

Smau intervista a Valentina Sorgato, AD di Smau

L’intervista a Valentina Sorgato, AD di SMAU, in occasione di SMAU 2020.

Smau - Intervista a Pierantonio Macola

L’intervista al presidente di SMAU, Pierantonio Macola, in occasione della prima edizione di Palermo.

Speciale SMAU Sicilia - parte 01

Prima parte dello Speciale dedicato alle startup che hanno preso parte alla prima edizione siciliana di SMAU.

Speciale SMAU Sicilia - parte 02

Seconda parte dello Speciale dedicato alle startup che hanno preso parte alla prima edizione siciliana di SMAU.

Quali sono i contenuti riservati alla community di Start Me Up (fino a qui)?

N.B.: L’articolo è in continuo aggiornamento

La community Telegram di Start Me Up è attiva da aprile 2019 e da allora sono stati prodotti una serie di contenuti riservati ai soli membri. Sono momenti di incontro e di approfondimento che hanno dato la possibilità ai partecipanti di capire di più temi di loro interesse e conoscere persone con cui condividere passioni e quesiti comuni.

I format video creati appositamente per i sostenitori di Start Me Up sono Web-café, Community-café e Casi Studio. Mentre c’è un podcast speciale di nome Spam – è tutto grasso che cola (attualmente sospeso).

  • Il web café è un webinar con un esperto del mondo dell’innovazione del Sud Italia: lo scopo è imparare un po’ di più su un determinato argomento o sviluppare in modo corretto una particolare competenza. Lo stile è informale e durante i web-café i partecipanti contribuiscono alla realizzazione del contenuto ponendo domande prima o durante la diretta.
  • Il Community Café è invece un momento di riflessione sulla community e sui progetti portati avanti dai membri del gruppo. Sono incontri nati su iniziativa del gruppo Telegram che ha sentito la necessità di incontrarsi da remoto per discutere di temi di interesse generale pertinente allo spirito del format.
  • Casi Studio è una videochat di 45 minuti incentrata sulla strategia dietro una startup di successo che viene raccontata direttamente dal suo founder. I partecipanti hanno così modo di conoscere le mosse che hanno portato al successo un progetto di impresa che arriva dal Sud Italia. Chi partecipa alla diretta può fare delle domande e ha a disposizione la registrazione e un piccolo report testuale.
  • Spam – è tutto grasso che cola. Un podcast minimale e settimanale che si concentra su un particolare tema. Ogni lunedì Fabio parla di qualcosa che ha che fare con il mondo dell’innovazione (e anche un po’ del Sud Italia, ma non solo), solo per il gusto di parlarne.  Spam è come il grasso che, colando, dà il gusto alle cose. Ed è anche qualcosa di indesiderato, non richiesto, che arriva prepotente nelle vostre caselle mail. Sta a voi prendervi il coraggio di accettarlo e ascoltarlo.

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Il podcast mensile

È l’appuntamento fisso ormai dal 2014 (nel 2013 Start Me Up andava in onda su una radio locale messinese) per chi vuole saperne di più sul mondo dell’innovazione nel Sud Italia. All’attivo abbiamo 7 stagioni, più di 290 podcast pubblicati e orientativamente possiamo dire di aver dato voce ad almeno 300 progetti nati nel Sud Italia. In questi anni abbiamo contato più di 190mila download e non sappiamo quante persone nel frattempo abbiamo ispirato a fare qualcosa di nuovo nel luogo in cui vivono.


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Un calendario editoriale mensile

Da qualche mese il blog di Start Me Up cerca di avere una pubblicazione regolare composta di base da quattro rubriche mensili.

  • Biblosmu: ogni mese un libro che ruota intorno alle tematiche del digitale e dell’innovazione recensito per voi. Recensito significa che lo leggiamo veramente e poi ne scriviamo qui, sottolineando le cose che più ci hanno colpito e perché – secondo noi – è una lettura che vale la pena fare.
  • Bacheca: gli annunci di lavoro per chi vuole lavorare nelle startup del Sud Italia (e non solo). Sono quelli che trovate nel gruppo facebook (ne parliamo più giù) e che una volta al mese finiscono in un articolo. Oltre agli annunci ci sono anche bandi e opportunità per chi vuole trovare i fondi per il proprio progetto imprenditoriale, culturale o sociale.
  • HowTo: ogni mese un piccolo consiglio da adottare nel proprio lavoro quotidiano. Cerchiamo di condividere cosa abbiamo imparato in questi anni lavorando e ascoltando quelli più bravi di noi. Vi consigliamo video e/o articoli trovati in giro per la rete che possano ispirarvi e ci auguriamo che vi aiutino a risolvere quell’aspetto del vostro lavoro che non vi piace.
  • Camera a Sud: è lo spazio che dedichiamo ai progetti che sono passati da qui e che ci piace vedere crescere. Non solo: dalla scorsa stagione Camera a Sud è anche uno spazio che tiene accesa la luce su quello che dal punto di vista politico, sociale ed economico succede al Sud Italia. Una volta al mese trovate articoli, video o riflessioni che parlano della complessità di questa parte di Italia e ci aiutano ad avere una visione critica e più ampia possibile.

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Cosa si trova nell’archivio riservato alla community Telegram di Start Me Up?

I nostri appuntamenti dedicati alla community Telegram (quella, lo ricordiamo a cui ha accesso solo chi fa una donazione mensile) hanno trattato gli argomenti più di sparati. Qui trovate un elenco in aggiornamento dei contenuti pubblicati fino a qui. In alto ci sono i contenuti più recenti.

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Community-Café

Spam – è tutto grasso che cola

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Foto di copertina di Nathan Dumlao via Unsplash

L’impatto dell’Intelligenza Artificiale nel settore turistico e culturale



Quale argomento migliore per chiudere il ciclo di BeBravo con quello che tradizionalmente viene associato al futuro del mondo in generale e quindi anche del settore del turismo e della cultura: l’intelligenza artificiale. In realtà, questa tecnologia è già presente nelle nostre abitudini di viaggio anche se ci sono ancora alcuni tabù da abbattere.

Partendo dalla scontata e quasi certa perdita di alcuni tipi di posti di lavoro che l’avvento di questo tipo di tecnologie porterà nel breve periodo, cercheremo di delineare i processi che ci aspettano da qui in avanti. Lo facciamo con Giovanna Manzi, CEO di BWH Hotel Grup Italia. Mentre per indagare alcune possibili applicazioni dell’intelligenza artificiale ci facciamo raccontare dalle due startup protagoniste di questo podcast cosa fanno. Parliamo di The Thinking Clouds di Livio Ascione e Threebot di Federico Lima.


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Rigenerazione territoriale: i protagonisti di questo podcast targato Bebravo.

Le voci delle persone che puoi ascoltare all’interno di questo quinto podcast del ciclo Bebravo e i progetti che portano avanti.

Giovanna Manzi, CEO di BWH Hotel Grup Italia

Giovanna Manzi su intelligenza artificiale- bravo innovation hub

Giovanna Manzi è CEO di BWH Hotel Group, realtà del mondo alberghiero che raccoglie tre brand: World Hotels, Best Western e Sure Hotel. Ha lavorato presso Travelonline, primo portale italiano b2c di turismo. Divenuta CEO a soli 37 anni si è occupata di traghettare Best Western nel delicato passaggio da consorzio di hotel a Gruppo Alberghiero strutturato con risorse, organizzazione e obiettivi chiari e misurabili. Grazie al suo lavoro il gruppo si consolida accrescendo il numero di alberghi affiliati e dipendenti.

Livio Ascione di The Thinking Clouds

Livio Ascione di The thinking clouds su intelligenza artificiale- bravo innovation hub

The Thinking Clouds è la startup che produce “Genius Loci”, una piattaforma informatica che permette la customizzazione di app mobile per la promozione dei beni culturali, percorsi turistici ed enogastronomici, borghi e città d’arte.

Federico Lima di Threebot

Federico Lima su intelligenza artificiale- bravo innovation hub

Threebot è una azienda palermitana che ha progettato due prodotti. Il primo è un assistente di viaggio dotato di intelligenza artificiale, chiamato Travelino. Travelino è un robot che comprende le intenzioni dell’utente attraverso i messaggi di testo vocali in chat e attraverso l’intelligenza artificiale lo supporta semplificando e rendendo elementare il processo di ricerca e reperimento di qualunque contenuto o servizio di viaggio.

La startup ha lavorato inoltre a una seconda soluzione a supporto delle agenzie di viaggio: una piattaforma dal nome Digital Agencies, che fornisce soluzioni integrate per gli operatori che intendono sviluppare nuove opportunità avvalendosi dell’implementazione digital del loro business.

Cosa è Bravo Innovation Hub

Bravo Innovation Hub tra le Cinque notizie dal mondo dell’innovazione del Sud Italia

Bravo Innovation Hub è l’acceleratore d’impresa di Invitalia dedicato alle imprese del turismo e della cultura più innovative del Mezzogiorno, realizzato da Fondazione Giacomo Brodolini, Destination Makers e Ashoka Italia.
Fondazione Giacomo Brodolini coordina il percorso di accelerazione con cui le imprese selezionate possono velocizzare l’ingresso sul mercato, sviluppando modelli di business con il supporto dei migliori esperti del settore.

Cosa è Bebravo

Bebravo è la serie di cinque podcast che va alla scoperta delle dieci startup che sono entrate a far parte del percorso di accelerazione di Bravo Innovation Hub, l’acceleratore d’impresa di Invitalia dedicato alle startup del turismo e della cultura che arrivano dal Sud Italia.
La serie è prodotta in collaborazione con Fondazione Giacomo Brodolini, Destination Makers e Ashoka. Bebravo non sarebbe stata possibile senza l’enorme contributo di Federica Fulghesu che ha coordinato tutte le interviste e ha curato i rapporti con gli ospiti.

Ascolta tutta la serie: radiostartmeup.it/specialebravoinnovationhub.


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Foto di copertina di Possessed Photography via Unsplash 

Quattro lavori da consigliare a chi ama programmare

Programmare è la tua passione? Sei alla ricerca di un lavoro che valorizzi le tue qualità di developer? Dai un’occhiata a queste quattro offerte proposte da aziende che conosciamo bene.

ludwig cerca un Mid-Senior Frontend Developer

ludwig è il motore di ricerca che permette di confrontare la frase che si sta scrivendo in inglese con tanti esempi presi da fonti attendibili. Un anno fa circa i due co-founder Roberta Pellegrino e Federico Papa hanno raccontato durante un appuntamento di Casi Studio come l’interesse verso questa startup stia crescendo sempre più. Non stupisce quindi che in queste settimane il team sia alla ricerca di un Mid-Senior Frontend Developer.

Scopri tutte le caratteristiche richieste per candidarsi per questa posizione.

Virtuoso cerca un iOS Engineer (Italian Speaking)

Non è la prima volta che parliamo di Healthy Virtuoso e non è neanche la prima volta che questa startup viene citata all’interno di un numero di bacheca. Con il cuore diviso tra la Sardegne e la Lombardia Healthy Virtuoso è una delle realtà più promettenti del panorama startup italiano. Il loro prodotto, lo ricordiamo, è l’app che ti permette di migliorare i tuoi comportanti attraverso sfide online.

In queste settimane il team è alla ricerca di un iOS Engineer di lingua italiana. Trovi la descrizione della posizione sul profilo Linkedin dell’azienda.

Kineton cerca un Front End Developer

A proposito di belle realtà per cui lavorare Kineton è una di quelle aziende per cui abbiamo perso la testa. Ci è bastato registrare l’intervista a Angelo Ferraro per scoprire l’attenzione che questa azienda con una sede (tra le altre) in Campania ha per i propri dipendenti. Per questo motivo se sei un Front End Developer non dovresti lasciarti scappare l’opportunità di poter lavorare per loro.

Leggi le specifiche richieste per questa posizione.

Ardeek cerca un full-stack developer

Gli amici di Ardeek da sempre partner tecnico di Start Me Up sono alle prese con una serie di cambiamenti. Dopo aver lavorato al nuovo logo (bellissimo!) adesso sono alle prese con il team. Stanno cercando un full-stack developer con i super poteri! Leggi i requisiti e non perdere la possibilità di poter lavorare al fianco di un team di professionisti composto da persone di valore.

Qui le caratteristiche richieste per candidarsi.

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Immagine di copertina KOBU Agency via Unsplash