Tre domande sulla empathy map (e relative risposte).

Per creare un prodotto o un servizio che abbia successo non dobbiamo concentrarci sul prodotto o il servizio, bensì sugli utenti. È un mantra che chi frequenta questo blog e ascolta il podcast dovrebbe conoscere bene.

Ci sono una serie di metodologie che ci permettono di immaginare chi sono le persone che potranno usare il nostro servizio/prodotto: tra queste, la empathy map, occupa un posto particolare.

La empathy map è lo strumento che permette a chi produce un prodotto/servizio di immaginare le sensazioni provate dal consumatore finale quando interagisce con esso. È stato creato da David Grey con lo scopo di identificare le sensazioni negative e positive dell’utente, permettendo così al produttore di poter minimizzare i primi ed esaltare i secondi.

ATTENZIONE! Molti confondono la empathy map con le buyer personas. In realtà i due strumenti sono complementari. Perché se le personas aiutano chi progetta prodotti/servizi a tenere a mente un determinato target, attraverso le empathy map si possono intuire i pensieri di queste persone e comprendere le loro emozioni.

Come? Vediamolo insieme!

Cosa è la empathy map?

Online è possibile trovare numerose definizioni della empathy map. Quella che credo sia più calzante è di Lindsay Munro, del team Adobe. Lei scrive (la traduzione è mia):

“La empathy map è uno strumento di visualizzazione usato per fissare su carta ciò che un team che si occupa dello sviluppo di un prodotto conosce di un utente.
Questo strumento aiuta il suddetto team ad avere una comprensione maggiore dei motivi che stanno dietro ai bisogni e ai desideri degli utenti.

Grazie alla empathy map, chi progetta, sposta la propria attenzione dal prodotto che si intende creare ai bisogni reali delle persone che useranno quel prodotto. Questo tipo di approccio può essere definito design empatico.

L’azione di mettere tutte queste informazioni all’interno di uno schema, permette a chi si occupa dello sviluppo del prodotto di avere una visione più olistica del mondo dell’utente e dei suoi problemi, identificando così le possibili opportunità da cogliere.”

Perché si usa la empathy map?

Lo scopo principale di una empathy map è quindi avere una comprensione maggiore delle persone con cui il prodotto o servizio che proponiamo interagiscono, i cosiddetti stakeholder. Il gioco permette di immaginarli all’interno di un contesto specifico (ad esempio quando acquistano il nostro prodotto o quando provano un nostro servizio) e aiuta così a immaginare quali sentimenti potrebbero provare.

Naturalmente il livello di empatia che può essere raggiunto grazie a questo strumento dipende da come viene utilizzato. Lo spiega il creatore di questa mappa, Dave Gray, secondo il quale una sessione di empathy map non dovrebbe durare più di 20 minuti. Questo presuppone che il team che vuole usare questo strumento, abbia una buona conoscenza del target e dei processi che intende esaminare.

In più la empathy map serve anche ad allineare tutto il team su una stessa idea di utente. Sembra un aspetto banale ma spesso alcuni problemi nascono proprio da una diversa concezione che i membri di uno stesso team hanno del target del prodotto.

Come si usa la empathy map?

Per capire come usare in concreto la empathy map facciamoci guidare ancora una volta dal suo ideatore e da ciò che ha scritto su Medium all’indomani di un aggiornamento della empathy map.

Empathy Map canvasClicca sull’immagine per scaricare il pdf della emapthy map

Si inizia in alto a sinistra dalla sezione Goal: qui andrà indicato il soggetto al centro della nostra analisi e una situazione specifica che andremo ad analizzare. ATTENZIONE! La situazione da analizzare deve essere “osservabile”.

Una volta stabiliti i punti 1 e 2 si lavora sugli altri quadranti procedendo in senso orario. Si registrano così i comportamenti esterni (cosa vedono, cosa dicono, ecc…) e solo dopo averli fissati sulla mappa si passa a ciò che c’è dentro la testa della persona.

Qui si inserisce ciò che l’utente prova, lasciandosi guidare naturalmente da tutti gli elementi elencati in precedenza. Questa è la fase più importante di tutto il processo.

La grande testa al centro è uno degli aspetti più importanti del design della mappa. – scrive Dave Gray – Infatti quando abbiamo iniziato a idearlo chiamavamo questo esercizio “La grande testa” perché l’idea di base era di immaginare com’è essere dentro la testa di qualcun altro”.

Come già scritto, per compilare a dovere una empathy map è necessario aver studiato in precedenza il target. Sarah Gibbons, chief designer di NNgroup, consiglia cinque azioni da compiere prima di mettersi davanti a questo strumento.

  • La prima cosa da fare è ovviamente definire il proprio obiettivo e cosa si intende scoprire, andando così a definire quale utente e quale situazione si andrà ad analizzare.
  • È poi importante trovare tutti quei materiali che possano essere utili nella compilazione della empathy map. Nel video Gibbons parla proprio di recuperare una copia della mappa, i post-it (nel caso in cui la sessione si dovesse svolgere dal vivo) oppure organizzare l’evento attraverso tool online come Mural, Miro o una Jamboard di Google.
  • A questo punto non resta che iniziare la ricerca. È necessario in questa fase condurre interviste con i diretti interessati, organizzare sessioni di osservazione diretta dei comportamenti e raccogliere tutti questi dati in modo da avere una prima idea del campo in cui intendiamo muoverci.
  • Secondo Gibbons, arrivati a questo punto, ogni membro del team dovrà in autonomia costruire una prima ipotesi su come riempire gli spazi della empathy map e successivamente esporla agli altri membri del team.
  • Infine, a questa fase divergente ne seguirà una convergente, durante la quale il team verrà a capo della soluzione finale.

Per saperne di più sulla empathy map

Per scrivere questa breve guida sulla empathy map ho consultato:

Foto di copertina UX Indonesia via Unsplash .

Perché chi ha un’idea d’impresa dovrebbe leggere “Da cosa nasce cosa”

Non so quando o perché ho deciso di inserire Da cosa nasce cosa di Bruno Munari nella mia lista pubblica di libri da leggere. Forse ne ho letto un estratto da qualche parte e avevo deciso che doveva rientrare nella mia biblioteca personale. L’incoscienza a volte ci azzecca e nonostante io non sia un designer questo libro mi ha divertito e per certi versi l’ho trovato utile per il mio lavoro.

Un libro sulla creatività

copertina libro Munari Da cosa nasce cosaSe ho deciso di parlare di Da cosa nasce cosa di Bruno Munari per dare il via alla rubrica sui libri di Start Me Up è perché questo è un libro sulla creatività. Vuoi poi per la scrittura leggera, vuoi per la semplicità delle argomentazioni Da cosa nasce cosa è a mio avviso un must per chi risolve problemi per lavoro. L’intento di Munari è quello di insegnare le basi della progettazione di cose alla portata di tutti, che risolvono problemi reali. Perché “se si impara a risolvere piccoli problemi si può pensare di risolvere poi problemi più grandi.” Munari spiega tutto in maniera lineare e attraverso modelli molto semplici. Su tutti, lo schema di risoluzione di un problema a mio avviso andrebbe appeso sul muro di ogni agenzia che progetta soluzioni per qualsiasi tipo di cliente.

La regola fondamentale che sta dietro ogni progetto: semplificare.

C’è anche un paragrafo dedicato all’importanza di semplificare. “Semplificare è un lavoro molto difficile e richiede molta creatività. Complicare è molto più facile”. Ora quanti di voi hanno progettato una app o un servizio, pensandoci di farci una startup, mettendoci dentro decine di funzioni? E adesso, pensate a quante cose o servizi usate proprio perché sono semplici da utilizzare? E, attenzione se non siamo capaci di capire quanto difficile sia semplificare è perché, per natura, è difficile quantificare il lavoro progettuale che c’è dietro a un oggetto o servizio che funziona bene. Sarà capitato a tutti, davanti a un nuovo oggetto che fa qualcosa di semplice esclamare: “Ma questo lo sapevo fare anche io”. La risposta migliore la dà Munari:

“quando qualcuno dice
questo lo so fare anch’io
vuol dire
che lo sa rifare
altrimenti lo avrebbe
già fatto prima”.

E qui capite quanto la novità rappresenti, almeno per alcuni campi, un reale vantaggio competitivo.

citazione da cosa nasce cosa - Bruno Munari

Anche se nasce per designer, Da cosa nasce cosa è perfetto per chi ha un’idea e vuole farci un’impresa. Il testo giusto, che ti induce a dubitare delle cose giuste e a porti le domande corrette. Servono altri motivi per pensare di doverlo leggere?

foto di copertina Chris Benson, via Unsplash

Cartoline da Palermo

Pubblichiamo, per gentile concessione degli autori, il capitolo curato da Push del libro “Palermo – Biografia Progettuale di una città aumentata“.

L’estratto in questione racconta l’iter dietro il seminario di Design Fiction che i membri del laboratorio palermitano hanno condotto insieme agli studenti del master in Relational Design di Abadir ad aprile 2019.

La tecnica del design fiction si è dimostrata molto utile nella costruzione di un dibattito utile a “far riflettere su un futuro più articolato, plurale e complesso del semplicistico “il futuro della città è nel il turismo”” per usare le parole degli autori. In questo caso si parla della città di Palermo, ma siamo consapevoli che questo approccio possa essere utile per qualsiasi città del Sud Italia.

Palermo – Biografia Progettuale di una città aumentata

“Palermo – Biografia Progettuale di una città aumentata” è il libro curato dal prof. Maurizio Carta, professore ordinario di urbanistica del Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Palermo insieme ai componenti e agli studenti della sua scuola urbanistica.

Il volume “racconta gli ultimi 20 anni di Palermo attraverso una intensa attività di didattica, ricerca e azione e che traguarda la città dei prossimi anni proponendo scenari di futuro, strategie di sviluppo e progetti di rigenerazione e per nuove funzioni che possano portare Palermo verso il 2040.”.

Il volume è disponibile presso il sito dell’editore LetteraVentidue.

Cartoline da Palermo.

Salvatore Di Dio, Mauro Filippi, Hanna Rasper, Domenico Schillaci – PUSH design lab.

Da Atene a Quito.

Quando ci siamo trovati a Quito nel 2016 per il convegno Habitat III – un evento internazionale delle Nazioni Unite sul tema dell’abitare umano sulla terra che si ripete ogni 20 anni – eravamo consapevoli di prendere parte a un momento epocale.
La preparazione del convegno ha coinvolto migliaia di urbanisti, politici, ricercatori e tecnici, impegnati nel lungo processo di stesura della Nuova Agenda Urbana (NAU)1.

A Quito ci siamo messi in coda in 30.000 per assistere all’adozione da parte di 167 Nazioni di un documento che sovverte radicalmente i principi del Movimento Moderno sanciti dalla Carta di Atene del 1933.

Nella NAU si propone, come sottolineano gli autori dei “Quito Papers”2, un riesame della rigida separazione funzionalista delle attività che ancora domina le pratiche di pianificazione in tutto il mondo. Si intende valorizzare quindi il principio dell’aggregazione, rispetto alla zonizzazione e all’isolamento. Si propone una linea di pensiero che riconosce l’importanza del contesto e del tempo nel fare città.

I disastri naturali dovuti al riscaldamento globale, gli inarrestabili flussi migratori dalle aree più povere e sfruttate del pianeta e, non ultimi, i fenomeni pandemici come Ebola, Sars e COVID-19, sembrano essere spaventose sirene d’allarme che inducono a modificare – repentinamente e in maniera radicale – il sistema di valori, di relazioni sociali e di sfruttamento delle risorse del pianeta3.

A differenza delle certezze temporali e spaziali dei modelli del passato, nella NAU si riconosce l’esperienza, la temporalità e la sorpresa come centrali nella coreografia del fare città.
L’urbanizzazione è un processo necessariamente aperto, iterativo e incompleto: necessita di un approccio plurale, malleabile e incrementale, capace di rendere le città più giuste, più resilienti e in maggiore equilibrio con l’ambiente.

Fuori dai facili entusiasmi e dal consenso formale di eventi come Habitat III, la sfida per costruire un futuro di opportunità si giocherà a livello locale e, per essere veramente efficaci e scongiurare fenomeni sociali come i gilet jaune in Francia4, deve prevedere il coinvolgimento attivo dei cittadini di quei 167 paesi firmatari dell’accordo.
Tra questi l’Italia. E quindi anche Palermo.

Da Quito a Palermo.

Con migliaia di anni di storia alle spalle, una straordinaria complessità culturale e una posizione geografica all’esatto confine fra il nord e il sud del mondo, la Sicilia è il perfetto laboratorio per iniziative di innovazione sociale e ambientale.
Palermo, in particolare, è un luogo urbano adatto a sperimentare modelli diversi, nuove tecnologie e soluzioni, in condizioni molto simili a quel 80% di città del pianeta che non possono permettersi di riprogettare o trasformare rapidamente il proprio tessuto sociale e urbano5.

Con questa premessa nasce a Palermo il laboratorio di design PUSH, con l’obiettivo di operare all’intersezione fra sostenibilità ambientale, tecnologie digitali e innovazione sociale, adattando quindi i principi della NAU al contesto siciliano, sviluppando processi e soluzioni originali e organizzando eventi partecipativi (come gli Urban Thinkers Campus o seminari sull’applicazione delle ultime frontiere del design speculativo alla scala urbana) per facilitare la costruzione di una visione condivisa, plurale e complessa per il futuro della città.

  • Come sarà la nostra città fra 100 anni?
  • Come avrà affrontato l’innalzamento del mare, la desertificazione, i terremoti?
  • E la mafia, le speculazioni, la fuga dei giovani, i flussi migratori?

Condurre tali complesse speculazioni in modo partecipativo è estremamente complesso per via dell’enorme quantità di relazioni, specificità ed eventi che bisogna provare a tenere in considerazione, ma necessario per raggiungere gli ambiziosi obiettivi.

Da Palermo a Palermo.

Lo scorso aprile 2019 abbiamo condotto un seminario di Design Fiction con gli studenti del master in Relational Design di Abadir proprio sul futuro della città di Palermo tra 100 anni.

Originariamente utilizzato nel campo dell’interazione uomo-macchina, l’approccio progettuale del design fiction consiste nel delineare scenari esperienziali di futuro possibile per coinvolgere e provocare, stimolando il dibattito e allargando la prospettiva a “futuri” plurali e collettivi6. I futuri possibili si traducono in “oggetti dal futuro”, innescando esperienze empatiche e profonde e rendendo quindi tangibili e comprensibili nuove idee e scenari complessi.
L’approccio del design fiction sembra essere perfettamente in linea con quanto auspicato dalla NUA, in quanto mette al centro l’individuo, il rapporto con il suo contesto e con il tempo.

Volendo costruire un dibattito capace di far riflettere su un futuro più articolato, plurale e complesso del semplicistico “il futuro della città è nel il turismo”, abbiamo provato a stimolare la riflessione sul futuro di Palermo proprio a partire dalle sue cartoline turistiche.

Le cartoline con scritto “Saluti da…” mettono in evidenza, spesso in modo assolutamente sbrigativo e superficiale, il motivo del viaggio, l’identità di un luogo, le sue ambizioni.
La cartolina diventa quindi uno strumento di provocazione semplice, immediato e controverso, adatto a far riflettere, e quindi innescare in un dibattito tutti i cittadini.

La selezione di cartoline che qui riportiamo sono state esposte in centro a Palermo stimolando il dibattito pubblico a conclusione del seminario, sono pubblicate online per commenti7 e hanno fatto parte degli strumenti utilizzati durante l’ultimo Urban Thinkers Campus di Palermo “Human Flows” del 2019 come punto di partenza per stimolare il dibattito tra cittadini e istituzioni.

Un saluto da Palermo, il museo del degrado. (autrice Giulia Micozzi)

Un saluto da Palermo, il museo del degrado. (autrice Giulia Micozzi)
L’incuria dei suoi cittadini ha condotto rapidamente Palermo in rovina. Visitala anche tu e scopri come si viveva in questa città gioiello del Mediterraneo!

 

Bambuseto è il nuovo Papireto. (autrice Marianna Viscuso)

Img. 2 Bambuseto è il nuovo Papireto. (autrice Marianna Viscuso)
Palermo, protettorato cinese dal 2024, oltre ad essere il 3° porto commerciale cinese nel Mediterraneo, ospita nell’antica Conca d’Oro il più grande bambuseto d’Europa.

 

Img. 3 Palermo, una processione ogni notte. (autrice Fabiola Moscato)

Img. 3 Palermo, una processione ogni notte. (autrice Fabiola Moscato)
La 38° processione della Munnizza d’Inverno. In migliaia per le strade di Palermo in adorazione dietro una selezione di rifiuti verso la storica discarica di Bellolampo.

 

Bibliografia.

1United Nations Habitat III Secretariat (2017). New Urban Agenda. ISBN 978-92-1-132731-1.

2 Sennett R., Burdett R., Sassen S., Clos J. (2018). The Quito Papers and the New Urban Agenda. Routledge, Milton Park, Abingdon (United Kingdom). ISBN 978-0815379294.

3 United Nations (2020). World Social Report 2020. ISBN 978-92-1-130392-6.

4 Hope M. (2019). The march of climate policy. In: The Lancet Planetary Health, vol – 3, p. E295 – e296. Elsevier Ltd., Edinburgh (United Kingdom). ISSN 2542-5196.

5 Fikri K., Zhu T.J. (2015). Competitive cities for jobs and growth. World Bank Publication.

6 Grand, S. & Wiedmer, M. (2010). Design Fiction: A Method Toolbox for Design Research in a Complex World. Proceedings of the DRS 2010 conference: Design and Complexity.

7 Rasper H. (2019) Design Fiction at the City Scale.

Cinque eventi al Sud Italia nel segno della ripartenza

In questi giorni di riapertura abbiamo sentito spesso il mantra della “ripartenza”. Si dice un po’ dappertutto che questi sono i giorni in cui “si riparte”. Riparte l’Italia, ripartiamo noi, e così via. Per ripartire davvero abbiamo selezionato cinque eventi che sono promossi da enti che conosciamo bene. Sono summer school, design jam e manifestazioni in cui è possibile formarsi, imparare, confrontarsi e mettere in piedi progetti che possano aiutarci a immaginare il mondo dopo (o con) il Covid19. Tutti nel senso della ripartenza, è ovvio!

Utopie Situate – Design Jam

8/10 luglio – online

Utopie Situate - Cinque eventi al Sud Italia nel segno della ripartenzaUtopie Situate – Design Jam è la maratona che si svolgerà sia on che offline (a Napoli) e che ruota su concetti come Rigenerazione urbana, quotidianità e relazioni, ecosostenibilità, cultura e intrattenimento, istruzione e formazione.
L’evento è costruito su cinque quesiti posti dai quattro parchi che supportano la Jam. Ogni partner mette in palio residenze di una settimana. L’obiettivo finale è permettere ai team vincitori di realizzare ciò che è stato pensato durante i tre giorni di luglio.
Utopie Situate – Design Jam è ideata e prodotta da Pessoa Luna Park e organizzata in collaborazione con Scostumat* e il DiARC (Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II). In più vede la collaborazione di

Tutte le info sono su utopiesituate.it.

Campdigrano

12/18 luglio – Caselle In Pittari (SA)

Campdigrano - Cinque eventi al Sud Italia nel segno della ripartenza

Anche quest’anno i giorni che precedono il Palio del Grano saranno accompagnati dal Camp di Grano. A Caselle in Pittari nel cuore del Parco Nazionale del Cilento ci si prepara a vivere una settimana di vita rurale. Insieme agli antichi contadini cilentani si potrà imparare l’arte delle mietitura tradizionale e di tutti i processi di lavorazione del grano. Sono numerosi i partner coinvolti nell’edizione di quest’anno di Campdigrano che come sempre rappresenta un tuffo nella vita rurale senza però quella vena nostalgica che contraddistingue questo tipo di eventi.

Per saperne di più paliodelgrano.it.

JazzInn 2021

26/31 luglio – Pietrelcina (BN)

JazzInn e JazzOut 21 - Cinque eventi al Sud Italia nel segno della ripartenza

Si intitola Butterfly effect l’edizione di JazzInn di quest’anno. Un evento che abbiamo spesso raccontato e che quest’anno rinnova il proprio appuntamento tra il 26 e il 31 luglio a Pietrelcina (BN). Il format rimane lo stesso: appuntamenti in formato “slow dating” in cui si ha la possibilità di presentare delle sfide all’interno di tavoli condivisi. Questi diventano occasioni di confronto e future collaborazioni.

Mentre scriviamo è aperta la call per i case giver, cioè le persone/enti che vogliono proporre un tema da affrontare durante i giorni dell’evento.

Inoltre quest’anno, si svolge per la prima volta Jazz’Out, un contest dedicato a chi ha tra i 18 e 29 anni a cui si chiede come sarà il borgo del futuro.

Maggiori informazioni sui singoli contest: fondazioneampioraggio.it/jazz-out-2021-bando-delle-call.

Abitare le distanze – Summer School di Rena

2/5 settembre – Matera.

Rena Summer School 21 - Cinque eventi al Sud Italia nel segno della ripartenza

Mai come nell’anno passato abbiamo sperimentato il concetto di distanza. L’undicesima edizione della scuola promossa dall’associazione Rena vuole capire come abitare questi spazi nella convinzione che solo da lì è possibile ripartire. Si parlerà di lavoro, informazione e diversità insieme a ospiti di rilievo e in specifici momenti di confronto. Al momento è possibile inviare la propria candidatura per partecipare.

Tutte le informazioni sono su progetto-rena.it/summer-school-2021.

Countless Futures – Intensive School

9/18 settembre – Favara (AG)

Countless Cities Summer School - Cinque eventi al Sud Italia nel segno della ripartenza

Countless Cities è la biennale delle città del mondo promossa da FARM Cultural Park. Oltre ai padiglioni (aperti quest’anno fino al 16 gennaio 2022) la manifestazione prevede due summer school sul clima e le possibili soluzioni dettate dagli obiettivi di sostenibilità promossi dall’Organizzazione delle Nazioni Unite. Sono due appuntamenti “Countless Futures – People will live here” e “Countless Futures -Design for climate action” rivolti a professionisti e designer e dedicati alla progettazione e al design. Le due scuole sono promosse da Push e Glocal Impact Network.

Maggiori informazioni su countlessfutures.wepush.org.

Foto di copertina di Brian Matangelo via Unsplash.

6 offerte di lavoro e 2 bandi: a marzo la bacheca di SMU è bollente!

Non solo lavoro da remoto (e non smart working, come sapete) nel numero di bacheca di marzo. Questo mese vi presentiamo 6 offerte di lavoro e 2 bandi per startup che abbiamo trovato in giro per la rete.

TIPS: Se vuoi vederli in anteprima unisciti al gruppo d’ascolto facebook, dove dal lunedì al venerdì alle 12 ne pubblichiamo uno ogni giorno.

Offerte di lavoro

> Wikimedia Italia, Associazione per la diffusione della conoscenza libera, cerca un responsabile per OpenStreetMap e per Wikidata.

OpenStreetMap è un progetto collaborativo per la raccolta di dati necessari per la creazione della mappa globale del mondo. Per molti aspetti il progetto è simile a Wikipedia ed è per questo che, dal 2016, Wikimedia Italia è anche il chapter ufficiale della OpenStreetMap Foundation.

Wikidata è un progetto collaborativo parte del mondo Wikimedia il cui scopo è fornire un database aperto a supporto degli altri progetti, interconnesso con altre raccolte di dati aperti.

La sede di lavoro è Milano ma accettano anche candidature per lavorare da remoto. Gli altri dettagli qui.


> System Management S.p.A. cerca un programmatore. L’azienda guida l’evoluzione tecnologica di grandi aziende nel settore IT proponendo soluzioni altamente innovative basate sui risultati delle attività di ricerca e sviluppo interne nei settori della Comunicazione Multicanale, IoT, BigData Analysis e Cloud Enabling.

L’annuncio è pubblicato sul loro profilo Linkedin e la premessa vale da sola tutta l’offerta! 😉


> Il Gruppo Green Network è alla ricerca di un Digital Art Specialist su Roma. La principale mansione è dare supporto alle attività dell’intero reparto. Il ruolo prevede capacità di integrarsi all’interno di un team di lavoro, responsabilità per il proprio operato, capacità di progettazione, precisione nell’esecuzione e valutazione delle tempistiche.

Tutti i dettagli dell’offerta di lavoro sul profilo Linkedin dell’azienda.


Webflow è l’azienda californiana che permette a chiunque di creare un proprio sito web con un semplice copia/incolla. La sede è San Francisco ma ci sono posizioni aperte anche da remoto. Sono tutte elencate nella pagina di creativemornings.com.


> Il team italiano di MakersValley ha aperto una nuova posizione di stage per laureandi o neo-laureati alla prima esperienza, amanti del Fashion Tech & Made in Italy. La sede del lavoro è a Cardito (NA).

Tutti i dettagli dell’offerta nell’annuncio della pagina Facebook dell’azienda.

***

Call per Startup

> IC406 è il programma d’incubazione che accompagna giovani imprenditori con idee innovative nell’ambito del digital business. Puoi candidare la tua idea fino al 30 aprile 2020.
Tutti i dettagli sul sito del bando.


> La Call for ideas dell’area Ambiente “Strategia Clima“, con uno stanziamento di 3,4 milioni di euro per il 2020, sostiene fino a 2 iniziative volte alla mitigazione e all’adattamento al Cambiamento Climatico a livello locale realizzate in collaborazione da amministrazioni locali, aree protette ed enti non profit.

Tutte le info sul sito della Fondazione Cariplo.

La foto di copertina è di Nijwam Swargiary via Unsplash.

Fai delle tue passioni un lavoro e impara dai tuoi fallimenti: la storia di Housatonic



L’ospite di questo podcast è Alfredo Carlo, facilitatore grafico, designer dei processi creativi e fondatore di Housatonic. Attraverso un’intervista e alcuni audio estratti dal suo intervento al Fuckup Nights Torino ripercorriamo la storia di Alfredo che, partendo dalle sue passioni, è riuscito a crearsi un lavoro che ha dovuto interrompere dopo sette anni di attività. Lo stop forzato gli ha permesso di analizzare quanto fatto fino a quel momento e ripartire con uno spirito nuovo.
Questo podcast che rientra nel ciclo FallisciMeglio è stato possibile grazie alla collaborazione con Fuckup Nights Torino, Impact Hub Torino e Marilù Sansone che ha messo a disposizione gli audio registrati grazie a Vocally.

Lo stop forzato di Stockbridge e la nascita di Housatonic

L’avventura imprenditoriale di Alfredo Carlo nasce grazie alla sua passione per la grafica e il disegno. Una dote che gli permette di confezionare linee di abbigliamento che vende attraverso un marchio da lui creato, Stockbridge. Il nome prende spunto da una cittadina americana a cui Alfredo è legato. Quando uno dei suoi principali acquirenti gli comunica che non potrà più acquistare i suoi prodotti le cose per Stockbridge non si mettono bene. È un momento difficile e Alfredo capisce che è necessario correre ai ripari. Come se non bastasse, nello stesso periodo un’azienda di abbigliamento con un nome molto simile a Stockbridge minaccia una possibile accusa per plagio e Alfredo, seppur a malincuore, decide di rinunciare al nome e a chiudere l’azienda. Fonda così Housatonic, l’idea per il nome gli arriva dal fiume che attraverso Stockbridge, e si concentra di più sulla facilitazione aziendale, un ambito che aveva iniziato a indagare qualche tempo prima. In più usa l’esperienza accumulata nel campo dell’abbigliamento per la creazione di gadget aziendali.

Lavoro e passioni personali: quale relazione?

I primi tempi di Housatonic sono caratterizzati da una serie di attività che sono ancora frutto delle passioni di Alfredo: con il tempo è lui stesso a concentrarsi su alcune, tralasciandone altre. Segno di una crescita personale e professionale di cui parliamo abbondantemente nella parte centrale di questo podcast.
C’è poi un aspetto molto interessante che sottolineiamo successivamente e cioè il valore del fallimento nel lavoro di squadra. Molto spesso si sbaglia sia perché non si chiede abbastanza ma anche perché non si aiuta abbastanza: è un mantra che Alfredo accenna durante il suo intervento alla Fuckup Nights e che noi approfondiamo durante l’intervista.

La citazione di Alfredo di Housatonic su fallimento, no e passioni

Successivamente indaghiamo anche la questione della scelta e dei no che ogni imprenditore deve dire quotidianamente. Alfredo ha sperimentato per primo l’importanza di un equilibrio tra i sì e i no che devono essere pronunciati. Una pratica che rafforza entrambe le risposte sia in un senso che in un altro e che inevitabilmente ha una ripercussione positiva sul lavoro quotidiano dell’imprenditore.

Questo podcast rientra nel ciclo FallisciMeglio, la serie che Start Me Up dedica al buono del fallimento.


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Cambiare il mondo con il design… e un ebook!

Design for Change è una pubblicazione dedicata a chi vuole promuovere percorsi di rigenerazione sociale in gruppi marginalizzati. A redigerla è stata il gruppo di Paco che, dopo aver lavorato per diversi anni al progetto PARTY – PARTicipatory development with the Youth, ha deciso di raccogliere in un ebook ciò che ha imparato.

Non stiamo naturalmente parlando di un memoriale ma una guida pratica per chi vuole lavorare su un particolare gruppo di persone e non sa da dove partire. Design for Change permette di stabilire i risultati e indica la strada per conseguirli con semplicità e chiarezza.

A una breve, ma indispensabile, premessa teorica, segue un lungo elenco di strumenti ed esercizi pronti all’uso. Ogni esercizio è catalogato per risultato che si intende raggiungere, difficoltà di implementazione e condizione base del gruppo con cui utilizzarlo. In più, dove serve, ci sono template e strumenti che è possibile scaricare e usare.

design for change - cambiamento socialeOgni esercizio ha naturalmente degli scopi ben precisi, ma tutti seguono tre macro-obiettivi principali. Inizialmente è importante coinvolgere le persone e farle lavorare sui propri aspetti personali (ME), successivamente è necessario permettere loro di capire come mettere queste competenze al servizio del proprio gruppo di riferimento (ME+). Infine bisognerà convogliare tutto ciò all’interno della propria cerchia sociale e riconoscersi in un gruppo specifico a livello globale (ME++). Un percorso non certo semplice ma che se impostato nel modo giusto produce i suoi frutti.

Dettaglio non trascurabile é che Design for Change viene fuori da un progetto di lavoro svoltosi tra l’Europa e il Sud Africa e ha coinvolto parti di società considerate ai margini: un dettaglio che rende questo ebook ancora più adatto per chi si trova a lavorare in contesti non facili. Se siete designer esperti forse lo troverete banale (sono gli stessi autori a avvertirvi), ma per tutti gli altri può rivelarsi uno strumento utile per diffondere buone pratiche e senso di comunità.

Come si scarica Design for Change

Per scaricare Design for Change basta andare sul sito di Paco e dopo aver compilato un breve questionario è possibile scaricare gratuitamente l’ebook.

Chi è Paco

Paco è un network di professionisti che affronta le sfide sociali con un approccio design-oriented.

Valorizzando il potenziale del design e dell’educazione, Paco promuove l’innovazione sociale, i comportamenti sostenibili e le opportunità imprenditoriali. Il tutto grazie a un cambio di paradigma che passa dalla rimodulazione del mondo del lavoro e la condivisione di idee e prospettive.

Il design come “arma” di giustizia



Illustrazione del mese di CM dal tema JusticeCreative Mornings Palermo non va in vacanza e anzi approfitta dell’afa agostana per organizzare un appuntamento speciale per questo mese. È speciale perché anziché una colazione sarà un aperitivo (il 31 agosto alle sette di sera) e sarà speciale anche per l’ospite che animerà questo appuntamento: Vincenzo Di Maria di Commonground srl. A lui il compito di declinare il tema del mese che è Justice con un talk dal titolo “Design: un’arma a doppio taglio”.

Il design può fare male?

Da bravi media partner abbiamo sentito Vincenzo qualche settimana fa e vi anticipiamo qualche punto del suo intervento. Può fare male il design? Possiamo dire che esiste un design giusto? Sono solo alcune delle domande che abbiamo posto a Vincenzo a cui lui ha pazientemente risposto.

La citazione sul design di Vincenzo di commonground

Ma abbiamo anche parlato del suo lavoro, del ruolo di service designer e di come questa figura aiuti i professionisti a progettare seguendo un criterio ben preciso. Quello seguito da Vincenzo è la persona, infatti non a caso parla di human center design. Un approccio utile a tutto tondo: sia per progetti profit che per quelli no-profit. Durante l’intervista citiamo anche un lavoro che Vincenzo ha svolto a Londra per conto di “Design agaist crime”. Sono ricerche che studiano il comportamento di chi commette crimini minori (furto di biciclette, risse fuori dai pub…) e che cercano di trovare delle soluzioni attraverso una progettazione ragionata. I risvolti sono interessanti: li elenca Vincenzo durante l’intervista.

Architettura dell’informazione conoscerla per usarla al meglio

In più parliamo anche di architettura dell’informazione, visto che Vincenzo è stato presidente e ora è nel consiglio direttivo di Architecta, l’associazione italiana che si occupa di diffondere questi temi a livello nazionale. Tra qualche mese ci sarà il loro summit annuale, evento importante visto che questi temi non riscontrano ancora i favori del grande pubblico nonostante siano di interesse comune. Chi di noi infatti può dire di non aver bisogno di “trovare” delle informazioni sia nel mondo reale che digitale?

Come partecipare a “Design: un’arma a doppio taglio”

L’appuntamento di Creative Mornings Palermo di agosto sarà un aperitivo. Inizia alle 19, l’ingresso è gratuito ma bisogna registrarsi. Il resto delle informazioni e il modulo sono nella pagina dell’evento ufficiale.

Questo podcast è realizzato grazie a:

La foto di copertina è l’immagine del mese di Creative Mornings, realizzata da Simona Čechová.

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Human centered design: perché è importante progettare per tutti.



La complessità del mondo e delle esigenze delle persone obbliga chi pensa ad un servizio o ad un prodotto a progettare tenendo conto delle esigenze di tutti. Tecnicamente è quello che si chiama Human Centered Design, un tema che abbiamo già trattato alcune volte a Start Me Up. Questo podcast ci permette di andare ancora più in fondo grazie a Carlo Frinolli di Nois3.

La citazione di Carlo Frinolli di Nois3Carlo spiega come sia fondamentale questo tipo di approccio che ci obbliga ad abbandonare l’idea dell’”utente medio”, che, mai come adesso, esiste. Lo human centered design – spiega Carlo – nasce nelle università californiane e prende in prestito alcune nozioni della psicologia, dell’antropologia e della filosofia cognitiva. Un mix che impone a chi dovrà creare il servizio o il prodotto di tener conto dei bisogni degli utenti finali. Sono questi i punti di partenza che serviranno per avere un prodotto che sia alla fine efficiente, efficace e sostenibile. Nel resto dell’intervista Carlo ci permette di capirne di più grazie alla sua esperienza, portando anche esempi pratici.

Dall’ascolto del podcast sarà chiaro a tutti quanto questi temi siano trasversali e applicabili a tutti gli ambiti. Lo sa bene anche Carlo che al quarto anno da organizzatore del World Usability Day di Roma, ha visto, anno dopo anno la platea aumentare di numero. Per quanto questo evento attiri – come è inevitabile che sia – designer, i partecipanti sono sempre più professionisti di altre discipline che manifestano sempre più interesse nei confronti dell’usabilità.

Cosa è il WUD Rome?

Naturalmente nel podcast Carlo spiega per bene cosa è il WUD Rome: qui vi basti sapere che il World Usability Day è la Giornata Mondiale dell’Usabilità. Nata nel 2005 come iniziativa della Usability Professionals Association (UXPA) con lo scopo di garantire che i servizi e i prodotti importanti per la vita umana siano di più facile accesso e più semplici da usare.

Ogni anno, il secondo giovedì del mese di novembre, sono più di 200 gli eventi organizzati in oltre 43 paesi di tutto il mondo per sensibilizzare la popolazione e formare i professionisti a proposito degli strumenti e delle problematiche centrali per la ricerca, lo sviluppo e la pratica di una buona usabilità.

"Ux/Ui design tra dati e parole"

Nell’edizione romana, sono stati coinvolti oltre 30 speaker e più di 700 partecipanti in tre edizioni.

L’edizione 2017 si svolgerà l’8 e il 9 novembre a Roma. Ci sono ancora posti: nel caso foste interessati trovate tutte le informazioni su wudrome.it.

Chi è nois3?

Questo è il quarto anno che il WUD Rome è organizzato da nois3, uno dei punti di riferimento nazionali sulle tematiche di user experience e progettazione human-centered. È una Experience Design Agency con base a Roma, che sviluppa brand concept visivi e strategie digitali innovative.

È composta da un team interdisciplinare e pratica un approccio di co-design, progettando un percorso di storytelling digitale per migliorare e consolidare identità e strategia di comunicazione dei progetti che segue.

È partner di formazione di diverse realtà nazionali e organizza eventi per sensibilizzare sulle tematiche di design thinking e buona usabilità.

Per conoscere meglio ciò che fa nois3, visitate nois3.it.


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Il design tra i dati e le parole ma sempre per le persone

“UX/IA design: tra dati e parole” è l’evento che porterà domani, 6 ottobre, alle ore 18 da Innesta, l’incubatore e spazio di coworking di Messina, Yvonne Bindi e Carlo Frinolli.

I due, aiutati da Mauro Curcuruto e Francesco Stagno D’Alcontres nelle vesti di moderatori, parleranno di come, in un mondo caratterizzato da continui mutamenti dovuti all’avvento di internet e delle nuove tecnologie, lo Human-Centered Design riesca a creare soluzioni che aggiungano valore alla vita delle persone. Un modo per far comprendere che questo approccio, caratterizzato dall’analisi di bisogni, aspettative e modalità di interazione dell’utente, permette di migliorare la progettazione di prodotti, servizi, interfacce e spazi.

Per questo motivo “UX/IA design: tra dati e parole” si rivolge a studenti, startupper, imprenditori e a tutte le figure professionali che ruotano attorno al mondo della comunicazione, del design, del business e più in generale del digital. I partecipanti potranno così avere una visione d’insieme più chiara del mutamento in atto e migliorare le relazioni sia all’interno del proprio ambiente di lavoro che nel rapporto coi committenti.

I due relatori di "Ux/Ui design tra dati e parole" Yvonne Bindi e Carlo Frinolli

I due relatori di “Ux/IA design tra dati e parole” Yvonne Bindi e Carlo Frinolli

“UX/IA design: tra dati e parole” è organizzato da Startup Messina, in collaborazione con Innesta, Smartwork, Idib Group, UX Book Club – MessinaNois3.

L’incontro fa parte del WUD Tour, il percorso di appuntamenti che precedono il World Usability Day, in programma per il 9 novembre 2017 a Roma. Messina rientra quindi, come Bari e Perugia, tra le tappe che l’organizzazione di WUDRome ha scelto per accrescere la propria community in tutta Italia.

L’accesso a “UX/IA design: tra dati e parole” è gratuito ma è necessario registrarsi attraverso la piattaforma eventbrite.

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foto, via.