Una Camera a Sud che non può non guardare all’Italia intera in un momento come quello che stiamo vivendo. Straordinario sotto tanti punti di vista. Il primo, nel senso letterale del termine, perché siamo fuori da ogni tipo di ordinarietà. Tutti. Secondo perché, nonostante tutto, straordinariamente, tante persone, aziende e associazioni stanno lavorando affinché la crisi passi presto e possa portare un cambiamento reale (e in meglio) nella vita di tutti. Lo stanno facendo i maker che in pura ottica DIY si sono auto-organizzati per fornire materiale alle strutture ospedaliere che ne hanno bisogno. Lo stanno facendo le associazioni che riuniscono i protagonisti del mondo startup che hanno lanciato un appello al sostegno di questo settore, nato da poco e come tutti, troppo debole per affrontare questa crisi da solo. Ne parliamo in questo numero di camera a sud.
Air Factories la fabbrica distribuita dei maker d’Italia
È nata sotto l’impulso dell’Università di Messina e ad oggi ha raggruppato più di 400 maker.
Nel giro di poco più una settimana il Dipartimento di Ingegneria dell’Università di Messina, Innesta, lo spinoff SmartME.io e la startup innovativa Neural (il cui founder è uno dei nostri sostenitori), hanno dato vita a Air Factories.
Air Factories – si legge sul sito – “è una “fabbrica distribuita” che mette in connessione più entità pubblico-private con lo scopo di scambiare rapidamente idee e informazioni, tra cittadini, ricercatori, startup e aziende che lavorano nel campo della prototipazione rapida e delle tecnologie innovative, prima fra tutte la stampa 3D, al fine di fare rete”.
Lo scopo è quello di coordinare e ottimizzare la realizzazione di tutti quegli strumenti utili a fronteggiare l’emergenza dovuta alla pandemia di Covid-19 riproducibili attraverso una stampante 3D. Lo spunto arriva dall’intuizione dei responsabili di ISINNOVA che a metà marzo hanno pensato di adattare le maschere da snorkelling prodotte da Decathlon come respiratori. Air Factories fa molto altro e ha già messo in connessione non solo i maker ma anche i centri ospedalieri che possono richiedere il materiale (non solo respiratori) direttamente dalla piattaforma.
Noi, alla luce di questa storia, abbiamo visto con occhi diversi questa foto.
Uno “Startup Emergency Act” per salvare l’ecosistema startup italiano
C’è un appello lanciato da VC Hub, associazione che raggruppa le principali società di Venture Capital italiane che chiede al Governo di inserire tra il decreto Cura Italia anche le startup innovative e le PMI. Inoltre, l’associazione chiede che il Governo vari quanto prima uno “Startup Emergency Act”. La misura, illustrata in un post sul sito dell’associazione, prevede una serie di azioni (otto in totale) “per consentire alle startup Italiane di rimanere al passo con i proprio concorrenti in tutta Europa”. I Governi degli altri Paesi europei sono infatti già al lavoro per promuovere misure che possano supportare le startup e i vari ecosistemi locali in questo periodo di difficoltà.
Nel caso in cui questo ecosistema dovesse essere spazzato via a causa di questa crisi, per ricostruirlo – scrive Salvo Mizzi sul proprio profilo Linkedin – ci vorrebbero altri dieci anni. E, in tutta onestà, non possiamo permettercelo. Chi vuole può firmare l’appello.
Anche ItaliaStartup si è fatta promotrice di una proposta indirizzata a tutti gli Organi di Governo affinché si pensi a sostenere le startup italiane in un momento di crisi come quello che stiamo vivendo. Attraverso questa lettera scritta dai principali ecosistemi startup locali italiani, viene chiesto a gran voce che le startup siano il fulcro su cui far ripartire l’intero Paese. La proposta prevede di dotare queste aziende non solo di liquidità ma anche di tutti gli strumenti e i mezzi per favorire lo sviluppo di soluzioni che possano permetterci di uscire quanto prima dalla crisi causata dalla diffusione dell’epidemia.