Start Me Up speciale ING Challenge Reggio Calabria Siamo stati al CLab di Reggio Calabria per seguire la tappa dello Startup tour di ING e H-Farm

Martedì scorso al Contamination Lab di Reggio Calabria si è svolta una delle tappe dell’ING Challenge, tour organizzato dalla Banca olandese in collaborazione con l’incubatore H-Farm. Lo scopo dell’evento è quello di avvicinare gli studenti all’imprenditoria digitale. Dopo averne parlato con Natale Militano (che ringrazio per la collaborazione) durante il liveshow del 9 maggio, siamo andati all’università Mediterranea di Reggio Calabria per seguire da vicino l’evento.

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Ogni tappa dell’ING Challenge ha un tema specifico. Quello di martedì era Smart city – Innovazione e valorizzazione del Territorio e la prima parte dell’evento si è concentrato su questo tema. Successivamente è stato dato spazio a tre aziende che hanno portato la propria testimonianza. Infine l’appuntamento si è chiuso con una competizione che ha visto sei startup contendersi a colpi di pitch due giorni all’incubatore H-Farm per un bootcamp utile a approfondire le proprie competenze e aumentare il proprio network. «ING Challenge è iniziato lo scorso anno – spiega il primo ospite di questo podcast, la dott.ssa Silvia Bagiolo, brand development ING  – e mira a coinvolgere gli studenti delle università italiane». Questa è la seconda edizione e il tour ha già toccato le città di Torino e Firenze. Naturalmente il giro non si chiude a Reggio Calabria: «Abbiamo in programma altre due date – continua Silvia – nei prossimi mesi saremo a Milano e poi a Napoli». È possibile aggiungere altre tappe al tour, basta farne specifica richiesta attraverso la sezione contatti del sito ING Challenge.

«ING Challenge è un tour che tocca la città universitarie italiane per diffondere i temi dell’imprenditorialità e del digitale»

«È un grande onore per noi avere questo evento al Contamination Lab» dice il prof. Luciano Zingali, tutor del laboratorio – sicuramente è una grande opportunità per i ragazzi che oggi possono testare la validità delle proprie idee su cui stanno lavorando e che domani potrebbero diventare startup». Il CLab di Reggio Calabria si avvia alla conclusione del quarto ciclo e il bilancio è certamente positivo. «Il laboratorio ha fatto le veci di un incubatore – dice il professore – e ha dato ai gli studenti la possibilità di creare qualcosa di nuovo e, aspetto più importante, qualcosa su cui costruire il proprio futuro». Il bilancio è positivo anche nei numeri: tante le richieste di iscrizione e tanti sono stati anche i docenti che sono arrivati da ogni parte di Italia per rendere l’esperienza dei ragazzi del CLab di Reggio Calabria più completa possibile. Non meno importante è stato ciò che gli alunni hanno trasmesso ai docenti: lo stesso professore Zingali ammette ai nostri microfoni di essere cresciuto tanto in questi mesi al punto che anche lui ha deciso di scommettere su una sua idea di impresa, mettendo a frutto le sue competenze.

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Per conoscere la storia del Contamination Lab ci affidiamo poi al prof. Claudio de Capua, Pro-Rettore e Responsabile del Trasferimento Tecnologico dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Con lui percorriamo il percorso che ha portato l’università a vincere il bando del Ministero per aprire in maniera sperimentale uno dei quattro CLab (gli altri atenei sono quelli di Catania, Cosenza e Napoli). Il professore Capua ci dice anche che l’intento del Ministero è quello di proseguire in questa avventura e anzi, la volontà è quella di dotare ogni ateneo italiano di una struttura simile. È importante ricordare che per definizione i Contamination Lab devono mettere insieme studenti di diverse facoltà. «Così è stato per Reggio durante il primo ciclo, dice il prof. De Capua. Successivamente il laboratorio si è esteso a studenti di Atenei vicini, poi a quelli appartenenti a Università più lontane (dal punto di vista geografico) e infine l’Università vuole aprirsi alla città», e rendere così reale la ricaduta di queste conoscenze sul territorio di appartenenza.

«Il laboratorio ha dato ai gli studenti la possibilità di creare qualcosa di nuovo e, aspetto più importante, qualcosa su cui costruire il proprio futuro»

L’ultima intervista che potrete ascoltare in questo podcast è quella a Osvaldo De Falco, uno dei fondatori di Biorfarm, startup che ha vinto la competizione finale e che quindi nei prossimi mesi parteciperà al bootcamp di H-Farm. Biorfarm permette ai propri utenti di adottare un albero da frutto e avere così garantita la fornitura annuale di frutta fresca. Una combinazione ideale per tutti: per il consumatore che è certo di acquistare un prodotto sano e che può comunque sempre controllare; per il produttore agricolo che è certo di avere il necessario per la cura dei propri alberi e un giusto guadagno per il suo lavoro. Biorfarm ha convinto la giuria grazie a un modello di business molto semplice e allo stesso tempo solido. Dietro c’è un team che è sparso in ogni parte del mondo ma che riesce a portare avanti un’impresa che accontenta diverse tipologie di consumatori. «Molti – dice Osvaldo nell’intervista – decidono di regalare un albero ai propri cari. Addirittura una coppia in occasione del loro matrimonio ha deciso di regalare gli alberi come bomboniere». La fantasia non manca, così come le speranze di riuscire presto a allargare il proprio mercato. Tutti possono adottare un albero da frutto, sceglierlo all’interno del frutteto e garantirsi così una fornitura di frutta fresca a domicilio, basta seguire la procedura indicata su biorfarm.com.

Nella foto di copertina, il momento della premiazione di Biorfarm, via


#24.radiosmu: Mariarita Costanza: «Startupper, non puntate all’exit ma create posti di lavoro» Lo "squalo" è l'ospite che apre questo podcast. Torniamo a Palermo dove DM ha una proposta per gli ascoltatori di radiosmu e andiamo in Sardegna a conoscere Yenetics

La ventiquattresima puntata di Start Me Up si apre con un ospite di eccezione. Ho infatti il piacere di parlare con Mariarita Costanza che molti di voi conosceranno come giudice del programma di Italia 1 Shark Tank. Spenti i riflettori delle tv Mariarita è un ingegnere e un’imprenditrice che vive e lavora nel Sud Italia. «Non sono l’unica ma, ahinoi, purtroppo sono ancora considerata un’eccezione – dice Mariarita – Mi auguro che si inneschi presto un cambiamento culturale che porti a considerare normale un’esperienza come la mia». Mariarita è il direttore tecnico di Macnil – Gruppo Zucchetti, azienda che risiede a Gravina in Puglia, nel cuore  di quella che lei stesa ha battezzato la Murgia Valley. «La Murgia Valley – continua – è un sogno che ho fin da quando ero studentessa. All’interno accogliamo chiunque abbia voglia di mettersi in gioco e voglia mettere in piedi una startup. Possiamo offrire la nostra competenza ad ogni fase del progetto. Spesso sento dire che l’obiettivo di uno startupper è l’exit, ma per me non è così: l’obiettivo deve essere quello di creare aziende che possano offrire posti di lavoro e portare così sviluppo».
Con Mariarita Costanza parliamo anche della sua esperienza a Shark Tank programma che l’ha catapultata nel mondo delle startup. L’intervista dà la possibilità a Mariarita di spiegare il mancato finanziamento ad alcune startup che in video avevano ottenuto il parere favorevole degli “squali”: «Studiando a fondo alcuni progetti ci siamo accorti che non stavano in piedi – spiega Mariarita – e spesso a mancare erano alcuni nodi fondamentali come il team o addirittura la passione per portare avanti un’idea di impresa».
Mariarita Costanza continua il suo impegno quotidiano nell’entroterra barese nel creare connessioni e sviluppo:«La Murgia Valley non è un ecosistema chiuso, anzi vogliamo entrare in contatto con chiunque condivida i nostri obiettivi». Per questo motivo è attiva una pagina facebook che vi consiglio di seguire per restare aggiornati su tutte le attività di Mariarita Costanza.

Digital Magics Palermo ha un regalo per gli ascoltatori di Start Me Up

I locali di DM Palermo

I locali di DM Palermo (fonte: sito digitalmagics.com)

Circa un mese fa vi ho raccontato con una puntata speciale di Start Me Up l’apertura dell’incubatore Digital Magics a Palermo. I locali di via Lincoln 21 a Palermo, sede storica del Giornale di Sicilia, sono gestiti insieme a Factory Accademia. A distanza di un mese ritrovo Alessandro Arnetta per avere un primo bilancio: «Siamo molto contenti di come stanno andando le cose – dice Alessandro – siamo da poco entrati nel capitale sociale della startup siciliana Morpheus e stiamo ricevendo molte candidature spontanee di giovani talenti». Al momento è in lavorazione un calendario di eventi e tra circa un mese verrà pubblicata una call for ideas che – anticipa Alessandro – «si rivolgerà anche a chi si sente pronto a mettersi in gioco ma non ha un progetto su cui spendersi». Questa è solo un’anticipazione, nel frattempo il coworking di via Lincoln 21 a Palermo è aperto a tutti. Basta mandare una mail a palermo@digitalmagics.com o chiamare lo 091.611.96.32 per chiedere informazioni o inoltrare la richiesta di accesso agli spazi. «Chi specificherà nell’oggetto della mail di essere un ascoltatore di Start Me Up potrà usufruire di un canale privilegiato» assicura Alessandro. Un bel regalo quindi (e di questo lo ringrazio io a nome di tutti) per gli ascoltatori di radiosmu che possono – come tutti gli altri – trovare maggiori informazioni su digitalmagics.com/palermo.

Yenetics: dalla Sardegna il test prenatale non invasivo in grado di individuare cento malattie genetiche

Il team di Yenetics durante la premiazione

Il team di Yenetics durante la premiazione (fonte: pagina fb Clab Cagliari)

Start Me Up torna in Sardegna perchè il 19 febbraio si sono conclusi i lavori del Contamination Lab di Cagliari. La startup vincitrice è Yenetics che propone un test prenatale non invasivo per individuare le malattie genetiche più diffuse al mondo. Uno dei due founder Chiara Saba mi spiega che grazie a Yenetics è possibile individuare circa cento malattie genetiche (i competitor si fermano a quindici) e che rispetto agli altri test la loro valutazione coinvolge anche il padre del bambino.

Dopo la vittoria al Clab di Cagliari il team procede spedito nella ricerca di un investitore per realizzare la prototipazione del test. «Stiamo ricevendo parecchie proposte – dice Chiara – cosa che ci permette di essere selettivi e scegliere chi possa fare di più al caso nostro. Certamente la scelta ricadrà su qualcuno che ha già esperienza nel settore biotech che e possa quindi accedere a un network consolidato». Uno dei punti di forza di Yenetics è il team internazionale. Oltre infatti all’esperienza consolidata all’estero di ogni membro del team, l’altro founder è Amit Kumar, fisico indiano che da circa 10 anni studia e lavora in Europa. «Grazie alle numerose collaborazioni sono riuscito a mettere insieme a Chiara una squadra che potesse lavorare al progetto» dice ai microfoni di Start Me Up. «Fondamentale per lo sviluppo del progetto è stato l’aiuto di Valentina Podda del TAG di Milano che ringrazio, così come la squadra che porta avanti il progetto e la giuria del Contamination Lab che ci ha assegnato questa importante vittoria» precisa Amit. Yenetics ha un sito dove è possibile trovare tutte le informazioni sul progetto e i link ai social per seguirne le evoluzioni.