La capacità di abitare e il senso profondo dell’autocostruzione.



La capacità di abitare, è secondo una citazione attribuita a Martin Heidegger, il requisito indispensabile per costruire. L’ospite di questo podcast non cita direttamente il filosofo tedesco, ma l’assunto di Heidegger è perfetto per introdurre il tema di questa puntata di Start Me Up. Il costruire. Un costruire visto però non come azione da demandare ad altri, ma come qualcosa da fare in prima persona, cioè l’autocostruzione.

E chi può spiegare meglio questi concetti se non Marco Terranova, architetto, artigiano e facilitatore di cantieri collettivi?


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L’autocostruzione come tema “politico”.

La capacità di abitare, mi dice Marco, è qualcosa che come società abbiamo dimenticato quando abbiamo iniziato a demandare ad altre azioni come il costruire la propria casa in autonomia, coltivare il proprio orto per avere il cibo. Questo ragionamento sottolinea l’aspetto “politico” dell’autocostruzione. Un modo che hanno i gruppi di persone (o in generale la società) per stabilire il proprio destino. Durante l’intervista, Marco – che si occupa di cantieri collettivi e di autocostruzione ormai da anni – evidenzia gli aspetti peculiari di questa pratica che si basa sull’esperienza, sul mettersi in gioco in prima persona e che ha in sé una dose di disobbedienza civile.

Chi è Marco Terranova

Marco Terranova è un architetto ed artigiano del legno, che negli anni ha prodotto e sviluppato un’attività professionale all’insegna della collaborazione e del lavoro di squadra, della sostenibilità e dei materiali naturali.
Il suo progetto, Senzastudio, evoca un’identità un poco nomade ma anche un’estrema adattabilità a contesti ed opportunità. Il fiore di larice del logo è simbolo di una storia personale vissuta tra il respiro calmo delle foreste alpine e l’orizzonte blu del Mediterraneo.

La citazione di Marco su La capacità di abitare e i cantieri di autocostruzione


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Quando la natura non è solo qualcosa da vedere

SoundBOE – Beyond Ordinary Environment è il laboratorio di paesaggio sonoro che mira a realizzare la prima mappa sonora dell’Area Marina Protetta Capo Milazzo.
È un evento che si svolgerà tra il 9 e il 13 luglio e permetterà a solo 12 persone di capire perché la natura vada al di là della semplice vista. Quindi se ci stai pensando, smetti subito e prenota. Perché? Te lo spiego subito.

copertina SoundBOE - laboratorio di paesaggio sonoro

Un modo di stare nella natura come non lo hai mai fatto.

Siamo abituati a considerare il paesaggio attraverso la vista; questo ci porta a legare la fruizione e il ricordo che abbiamo di esso unicamente a sensazioni visive. In realtà siamo, però, immersi anche in un paesaggio sonoro che conosciamo appena, di cui siamo assuefatti e che, spesso, viviamo in maniera passiva a causa dell’impossibilità di “chiudere le orecchie”.

Questo paesaggio che rapidamente si sta modificando, porta alla scomparsa dei fattori identitari dei luoghi. La mole sonora delle città è la prima causa del cosiddetto “non-ascolto”. Ogni messaggio, per essere udito, deve essere urlato, breve ed istantaneo.

L’ascolto come pratica, invece, richiede il procedere con lentezza, dedicando il proprio tempo alla relazione con sé stessi e con gli altri esseri (umani, animali e vegetali) come parti di un unico insieme sonoro da tutelare.

Per questo SoundBOE si concentra sul Paesaggio Sonoro e il Field-Recording. Per stare in mezzo alla natura in un modo in cui non lo hai ancora fatto.

Non solo natura, ma anche storia e relax.

SoundBOE ha come centro di azione l’Area Marina Protetta di Capo Milazzo, ma non solo. Le sessioni di lavoro si terranno all’interno di Villa Paradiso Bonaccorsi. Un luogo che mette insieme storia e natura: dimmi tu infatti dove è possibile trovare un luogo a strapiombo sul mare (con accesso alla spiaggia) su di una penisola che guarda alle Isole Eolie. In più questo luogo ha con circa due secoli di storia. L’edificio principale di Villa Paradiso Bonaccorsi infatti viene iniziato a costruire nella seconda metà del Settecento e, oggi ospita convegni ed eventi.

Questo mix fa di SoundBOE un evento che è sì di studio e ricerca, ma anche relax in cui avrai modo di trovare altre persone con cui condividere un’esperienza formativa non solo dal punto di vista professionale, ma anche umano. Insomma “cultura” nel senso più ampio del termine.

La garanzia di chi lavora da tempo nel mondo del paesaggio sonoro

C’è chi parla di paesaggio sonoro in Sicilia e cita Vacuamoenia e chi mente. È infatti pressoché impossibile quando si pensa al paesaggio sonoro siciliano non pensare al duo di ricerca siciliano formato da Fabio R. Lattuca e Pietro Bonanno. Dal 2013 i due girano l’isola armati di microfoni e registratori per catturare i suoni, catalogarli e studiarli; in più in Europa e in Italia partecipano e organizzano eventi per sensibilizzare studiosi e appassionati sul tema del suono legato all’ambiente.

Il paesaggio sonoro: in Sicilia c’è chi lo studia

Chi scrive si è innamorato del loro lavoro dopo aver dedicato a entrambi una puntata di un podcast e soprattutto, dopo aver partecipato a una loro soundwalk (una passeggiata all’alba finalizzata all’ascolto dei suoni della natura). Il programma ufficiale non è ancora uscito ma so per certo che una soundwalk è prevista anche per soundBOE.

Gli eventi collaterali: World Listening Day e European Maritime Day

C’è poi questo aspetto molto bello che dentro SoundBOE ci sarà modo di festeggiare una serie di eventi. Innanzitutto, venendo a Milazzo questa estate, avrai modo di celebrare anche tu il World Listening Day. Il World Listening Day è il modo che ogni anno gli studiosi del paesaggio sonoro hanno di rendere grazie a R. Murray Schafer, che per primo ha sottolineato l’importanza dell’audio nell’ambiente circostante.

E poi, all’interno di SoundBOE si celebrerà anche lo European Maritime Day 2022 con un panel dedicato al suono della Sicilia. Un evento che è curato da FellLand, associazione che da tempo sensibilizza il pubblico sui temi del mare (forse ricorderai Me&Sea).

Infine ti consigliamo di andare a vedere tutti i partner che, ciascuno a proprio modo, sostengono SoundBOE nonostante sia solo alla sua prima edizione.

SoundBOE: tutte le coordinate.

Che tu sia un appassionato o appassionata del mondo del suono e della natura, che tu sia uno studente o una studentessa di conservatorio o la tua attività ha a che fare con la musica e il suono in generale, non aspettare l’ultimo momento.

Prenota adesso il tuo posto per SoundBOE. Le modalità sono indicate sul sito dell’evento, dove troverai il resto delle informazioni.

Partecipa a SoundBOE e scopri come la natura possa andare al di là di ciò che possiamo solo vedere.

Foto di copertina: Area Marina Protetta Capo Milazzo.

Confessioni di un professionista della comunicazione al Sud Italia



Un podcast dedicato più alla comunicazione che alle startup. Sempre mantenendo, ovviamente, la prospettiva meridionale che caratterizza il racconto di Start Me Up.

E quindi si parla di pubblicità che troppo spesso sono brutte e che non si trovano solo al Sud Italia, di cosa significa lavorare da remoto per una agenzia che negli anni passati ha creato sedi al Nord Italia per “stare vicino ai clienti” e quali sono le competenze che un’agenzia che lavora con clienti nazionali e internazionali cerca in un collaboratore.

Il protagonista è Pasquale Esposito Lavina CEO e co-founder di Im*media, agenzia di comunicazione che opera da più di 25 anni in questo campo.


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Il ruolo del digitale nel commercio e nella comunicazione

Il mondo della comunicazione è decisamente cambiato: e non hai bisogno di ascoltare questo podcast per saperlo. È però interessante notare come il digitale abbia profondamente sradicato alcune storpiature che inevitabilmente in alcuni casi restano, in un mondo che prima aveva come riferimento solo il contesto locale. Da quando ha fondato Im*media, Pasquale Esposito Lavina ha visto come il digitale ha da una parte aiutato le aziende – anche quelle più piccole – a “lasciarsi andare”. Contemporaneamente sempre il digitale ha fornito sia alle imprese che ai professionisti che oggi lavorano nel campo della comunicazione un linguaggio comune da cui partire e creare.

Lavorare al Sud: un valore non solo per chi “torna”.

Back To Sud è il nome della campagna di recruitment lanciata da Im*media. Lo scopo è – in estrema sintesi – intercettare tutti quei professionisti che, sull’onda del ritorno al Sud Italia, hanno scelto di tornare in Sicilia per svolgere la professione che amano. Insieme a Pasquale cerchiamo di capire cosa – al di là degli aspetti tecnologici e di quelli legati alla pandemia – sia effettivamente cambiato in questa voglia di Sud Italia. Un ritorno che non ha più il sapore del compromesso e che rappresenta un valore per quelle aziende che si avvalgono della consulenza di quelle agenzie che hanno una sede da Roma in giù.

La citazione di Pasquale di IM*MEDIA

Quali sono le competenze per lavorare in un’agenzia di comunicazione? E come può una startup comunicare il proprio valore anche a costo zero? L’ultima parte dell’intervista a Pasquale Esposito Lavina è dedicata agli aspetti pratici del mondo della comunicazione. Infine il nostro ospite svela una piccola curiosità sull’asterisco che c’è dentro il nome di “im*media”. Un indizio? C’entra un fallimento…


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Foto di copertina di Kate Trysh via Unsplash.

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Integrare il concetto di sostenibilità nell’azienda familiare: la storia di Giulia Giuffrè.



Quando si parla di sostenibilità all’interno di un’azienda spesso ci si riferisce al rapporto che questa ha con l’ambiente. Questo podcast allarga il concetto di “ambiente”, e include tutto quello che c’è intorno a una azienda. Lo fa raccontando la storia di Giulia Giuffrè, consigliere di amministrazione e ambasciatrice di sostenibilità di Irritec SPA.

Giulia Giuffrè in questi anni ha lavorato per integrare il concetto di sostenibilità nell’azienda familiare. Sta portando avanti questa missione anche come “SDG Pioneer 2021 per la gestione sostenibile dell’acqua” del Global Compact delle Nazioni Unite.

Giulia Giuffrè è inoltre tra le finaliste del Premio Gammadonna 2021 ed è l’ospite di questo terzo podcast di Start Me Up.


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Chi è Giulia Giuffrè

Giulia Giuffrè è ambasciatrice della sostenibilità e dell’imprenditorialità femminile, ha integrato i Sustainable Development Goals (SDGs) nella strategia corporate e nella cultura organizzativa di Irritec, l’azienda famigliare nata nel 1974 a Capo D’Orlando, in provincia di Messina, che dal 2018 fa parte del Global Compact delle Nazioni Unite

Per l’azienda Giulia Giuffrè dirige il dipartimento marketing da lei creato e ha rimodulato l’immagine dell’azienda sul concetto di sostenibilità.

La citazione sulla sostenibilità di Giulia Giuffré di Irritec

Cos’è il Global Compact delle Nazioni Unite

Il Global Compact è un’iniziativa volontaria promossa dalle Nazioni Unite di adesione a un insieme di principi che promuovono i valori della sostenibilità nel lungo periodo attraverso azioni politiche, pratiche aziendali, comportamenti sociali e civili che siano responsabili e tengano conto anche delle future generazioni. È un accordo che viene firmato dai manager delle aziende che decidono di prenderne parte, che si impegnano a contribuire a una nuova fase della globalizzazione caratterizzata da sostenibilità, cooperazione internazionale e partnership in una prospettiva multi-stakeholder.

L’iniziativa tiene conto dei 17 sdgs, cioè gli obiettivi di sviluppo sostenibile identificati dalle Nazioni Unite come strategia “per ottenere un futuro migliore e più sostenibile per tutti” e li applica al mondo di impresa.

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile mirano ad affrontare un’ampia gamma di questioni relative allo sviluppo economico e sociale, che includono la povertà, la fame, il diritto alla salute e all’istruzione, l’accesso all’acqua e all’energia, il lavoro, la crescita economica inclusiva e sostenibile, il cambiamento climatico e la tutela dell’ambiente, l’urbanizzazione, i modelli di produzione e consumo, l’uguaglianza sociale e di genere, la giustizia e la pace.

Gli obiettivi di sviluppo sostenibile hanno carattere universale e sono fondati sull’integrazione tra le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile (ambientale, sociale ed economico), quale presupposto per eradicare la povertà in tutte le sue forme. Gli obiettivi sono stati condivisi da tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite che hanno ratificato l’Agenda 2030 e si sono così impegnati a declinare nella loro politica gli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti (fonte wikipedia).


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Foto di copertina di Luis Tosta via Unsplash.

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Puntare allo scale up? Serve la consapevolezza che arriva dall’esperienza.



È innegabile che oggi, chi inizia a mettere in piedi una startup ha a disposizione molti più strumenti per farlo. E spesso una diversa consapevolezza che permette a chi avvia un progetto di impresa di immaginare il percorso che dovrà affrontare. Non è solo vision, ma lungimiranza, utile per colmare i vuoti che il percorso immaginato prevede. Soprattutto se si pensa di voler passare da startup a scale up.

È il caso dell’ospite della puntata di questo nuovo podcast, cioè Adriana Santanocito. Adriana, forte dell’esperienza maturata con la sua prima startup, ha dato vita a Ohoskin immaginando una struttura che permettesse a questo progetto di crescere rapidamente. C’entra l’Open Innovation, la sostenibilità, l’amore per il Sud Italia e una certa idea di lusso. Adriana racconta tutto questo nel nuovo podcast targato Start Me Up e possibile anche grazie alla collaborazione di Valentina Sorgato di SMAU.


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Ohoskin: guilty-free, economia circolare e sostenibilità.

Ohoskin è un materiale bio-based creato dal sottoprodotto delle arance e del cactus. Si presenta come alternativa alla pelle e a quei prodotti che vengono identificati come “pelli sintetiche”. Può essere perciò destinato al mercato dell’automobile in quanto materiale perfetto per il rivestimento degli abitacoli.

Rispetto alla pelle ordinaria e a quella sintetica, Ohoskin è guilty-free, rappresenta un perfetto modello di economia circolare e fa della sostenibilità un vero e proprio mantra.

Guilty-free perché non nuoce a nessuno visto che si lavora su scarti della lavorazione di arancia e fico d’india, senza perciò colpire nessun essere animale. In più, il materiale utilizzato per la creazione di Ohoskin sarebbe destinato al macero e quindi il suo uso è un perfetto esempio di economia circolare. Tutto ciò dimostra la sostenibilità di Ohoskin che si pone come sostituto green per un mercato, quello del lusso, i cui standard, per definizione, sono di alta qualità.

Ohoskin, sostenibile, crueltyfree e al centro dell'economia circolare

Ohoskin: un perfetto modello di Open Innovation

Ma l’impatto innovativo di Ohoskin non si ferma alla sostenibilità. Il progetto nasce con l’intento di rispondere sin da subito alla richiesta che il mercato potrebbe farne e supportare così questa startup nella successiva fase di scale-up. Ohoskin si avvale infatti della collaborazione di altri due soggetti: Sicilinbiotech e Novartiplast Spa.

Sicilinbiotech è una filiera di produttori agricoli creata ad hoc per garantire a Ohoskin la materia prima da lavorare. Questo facilita l’accesso al materiale grezzo, riducendo le interlocuzioni e avendo solide garanzie sulla qualità di ciò che viene consegnato.

Novartiplast invece è un’azienda lombarda che sin dalla sua fondazione si è occupata di pelli sintetiche. A lei è affidato il compito di realizzare il prodotto finale, utilizzando il materiale lavorato da Ohoskin.

Una filiera che attraversa tutta l’Italia e che ben rappresenta quella collaborazione tra startup e aziende più solide che prende il nome di Open Innovation.

Non è un caso che Ohoskin sia stata selezionata per partecipare all’edizione milanese di SMAU. La fiera dell’innovazione nasce come punto di contatto tra le aziende e da tempo promuove il modello di Open Innovation.

Lo ha fatto anche a Milano, dove Mind The Bridge ha presentato “Open Innovation Outlook Italy 2022”, un report realizzato in collaborazione proprio con SMAU.
Per quanto confortanti, i dati presentati mostrano che in Italia c’è ancora molto da lavorare sul concetto di Open Innovation (nel podcast facciamo una breve sintesi, altrimenti il report completo può essere scaricato gratuitamente qui).

La citazione di Adriana di Ohoskin su lusso e consapevolezza

Il trend positivo è stato evidenziato anche dall’edizione di ottobre della fiera. Valentina Sorgato, Ad di SMAU, ha infatti dichiarato che durante l’evento milanese sono state coinvolte attivamente cento aziende, più di cento erano invece le startup presenti tra gli stand e ci sono stati più di trecento incontri organizzati durante la manifestazione.

Una certa idea di lusso

All’inizio della presentazione di questo podcast abbiamo sottolineato la capacità di Adriana Santanocito di prevedere i possibili vuoti del percorso di Ohoskin e cercare di porvi rimedio già nella strutturazione dell’idea di business. Sono dettagli che spesso è l’esperienza a suggerirti.
Lo sa bene Adriana che viene da un percorso di successo con il suo primo progetto, Orange Fiber (di cui è ancora proprietaria seppur non ricopra nessuna carica operativa), a cui deve tanto in termini di soddisfazioni. Un’esperienza che ha permesso ad Adriana di sviluppare un’idea di lusso legata al benessere di tutti e non tanto a qualcosa di costoso. E le ha dato quella consapevolezza che ha deciso di mettere al servizio di un nuovo progetto votato a un’idea di sostenibilità propria di chi guarda al futuro con fiducia.


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Foto di copertina di Jeremy Thomas via Unsplash.

Programmatori e progettisti per costruire una Sicilia diversa



Seconda parte dello speciale formazione in Sicilia (qui la prima parte). Protagoniste di questo podcast due realtà che lavorano in modo diverso ma che condividono un obiettivo di fondo: immaginare una Sicilia e un Sud Italia diverso.

Develhope mette insieme il bisogno delle aziende alla ricerca di personale qualificato e la voglia di chi vorrebbe studiare per migliorare le proprie competenze ma non ha la possibilità di farlo. Abadir invece è una accademia che dieci anni fa ha deciso di puntare sul design e la comunicazione.

Ne parliamo con Alessandro Balsamo e Lucia Giuliano.


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Paghi solo se vieni assunto: la scommessa sociale di Develhope

Mettere insieme la domanda e l’offerta abbattendo le soglie di ingresso. Si potrebbe sintetizzare così la scommessa di Develhope che da Palermo forma sviluppatori in sei mesi senza chiedere un pagamento ai suoi studenti. O meglio, glielo chiede, ma solo dopo che questi hanno trovato il primo impiego.

Come racconta Alessandro Balsamo in questo secondo podcast dedicato alla formazione in Sicilia, questo espediente responsabilizza sia la figura da formare che la scuola stessa.
Inoltre, riveste la scuola di una mission che è prettamente sociale, visto che i dati sulla disoccupazione in Sicilia e al Sud Italia non sono del tutto incoraggianti (vedi qui cosa dice l’Istat). E puntare su una professione come quella dello sviluppatore dà qualche chance in più visto che è un tipo di lavoro che sarà sempre più richiesto (qui la ricerca di Microsoft citata nel podcast).

La citazione di Alessandro di Develhope sulla formazione in Sicilia

Seppur gratuito, il corso non è affatto una passeggiata. La selezione e il lavoro che aspetta le classi che studiano da Develhope è fatto di corsi e prove sul campo. Come sempre la regola è quella: prima fai, prima sbagli e prima impari.

La prossima classe è attualmente in formazione e ci si può candidare entro il 28 giugno sul sito della scuola.


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Imparare a progettare per creare e comunicare in modo migliore

Lucia Giuliano dal 2010 dirige Abadir, l’accademia di design e comunicazione con sede a Catania. Anche Abadir nasce da una scommessa. Una scommessa fatta all’incirca dieci anni fa quando si decise di mettere da parte materie come il restauro e i beni culturali per far posto al design e alla comunicazione. Da circa dieci anni quindi gli studenti e le studentesse di Abadir si dedicano allo studio dei processi che stanno dietro la comunicazione visiva e digitale.

La cultura del progetto è alla base dell’insegnamento di Abadir. Lo dice espressamente Lucia, sottolineando quanto ce ne sia bisogno in Sicilia (e al Sud Italia, aggiungiamo noi). E lo dimostra anche la storia di Abadir e alcune sue iniziative, una per tutte, Sicilia Felicissima (qui il sito del concorso).

La citazione di Lucia di Abadir sulla formazione in Sicilia

Nel podcast Lucia fa, tra le altre cose, un bilancio di questi dieci anni. Non anticipiamo nulla se non che gli impatti, per questo tipo di iniziative, sono decennali. E prima di vederli nei territori, si vedono nelle persone.

Bisogna lavorare molto sulla cultura del progetto per far pesare il senso del progetto in tutto quello che facciamo: lo dice Lucia nel podcast. Serve per capire meglio la realtà che ci circonda e interpretarla nel modo migliore.


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Questo podcast fa parte di uno speciale dedicato alla formazione in Sicilia (qui puoi ascoltare il podcast numero 1) ed è realizzato grazie a:


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Nella foto di copertina, l’opera Cosmogonia Mediterranea di Domenico Pellegrino, in una foto di Thamara Emanuele.

La formazione per mettere la Sicilia al centro dell’area del Mediterraneo.



Scegliere la Sicilia per la propria formazione è qualcosa che fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile dire. Oggi non è più così e lo racconto in questo podcast. I protagonisti sono Camilla Fortunati di Ortygia Business School e Marco Imperato di Edgemony.

Le rispettive scuole (che in realtà solo scuole non sono) lavorano affinché il capitale umano presente al Sud Italia sia in grado di affrontare le sfide offerte da contesti complessi. Con approcci e verso target diversi Ortygia Business School e Edgemony condividono il sogno di mettere la Sicilia al centro dell’area del Mediterraneo.


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Una scuola per i manager delle aree complesse

La fondazione Ortygia Business School nasce dall’iniziativa dell’economista italiana Lucrezia Rechlin. Insieme al professore Francesco Drago e l’avvocato Piero Filloley ha creato un polo formativo al centro del Mediterraneo per i manager che desiderano operare in “Paesi caratterizzati da una forte complessità di tipo politico, economico e sociale”. Nel tempo l’offerta formativa della scuola si è allargata alle piccole e medie imprese, soprattutto quelle a conduzione familiare, con programmi dedicati al passaggio generazionale e la leadership femminile.

L’intento di Ortygia Business School è duplice: attrarre talenti e imprese nell’Area del Mediterraneo per contrastare l’emorragia di capitale umano e promuovere attività di valore per lo sviluppo del territorio.

Formazione di qualità, parità di genere e svolta sostenibile: Manifesto Capitale Umano Sud.

A seguito del primo lockdown, Ortygia Business School si è fatta promotrice di una serie di incontri online che durante i quali sono stati coinvolti i partner della rete della scuola. Da questi incontri è nato il Manifesto Capitale Umano Sud.

Il documento si regge su tre direttive principali: formazione di qualità, parità di genere e svolta sostenibile. Per quanto l’impegno della scuola sia rivolto al Sud Italia, i promotori sono convinti che “un nuovo impegno per il Sud sia la via da percorrere per riavviare l’intero Paese”. Naturalmente ciò non può essere fatto senza coinvolgere il capitale umano presente soprattutto nel Sud Italia.

La citazione su formazione in Sicilia di Camilla di Ortygia Business School

Studentesse e manager a confronto per crescere professionalmente

Diretta conseguenza del Manifesto Capitale Umano Sud è il programma YEP. YEP è un acronimo che sta per Young Women Empowerment Program ed è un programma che ad oggi ha coinvolto 150 studentesse iscritte ad un percorso di Laurea Magistrale STEM delle principali Università del Sud. A ciascuna è affidata una mentor con cui confrontarsi sul proprio sviluppo professionale e formativo. Le mentor arrivano dalle principali aziende partner della scuola e vengono scelte in base alle aspettative e i progetti delle studentesse.

Nel podcast, Camilla Fortunati, racconta i benefici e il successo delle due edizioni di YEP, mettendo in evidenza i motivi che hanno spinto Ortygia Business School ad affidarsi al mentoring come metodo di lavoro. In più, sottolinea la caratteristica che le studentesse di YEP condividono.


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Sicilia hub mediterraneo del digitale: la sfida di Edgemony.

Il motto che descrive Edgemony è “An Human Accelerator”. E dietro c’è Marco Imperato (sì, quel Marco Imperato che abbiamo conosciuto qui e qui) insieme a Daniele Rotolo. Entrambi, forti dell’esperienza in Mosaicoon, hanno deciso di mettere le loro conoscenze e il loro network al servizio di una mission: rendere la Sicilia un hub per i lavoratori del digitale.

Per farlo hanno messo in piedi un team di sviluppatori che lavora per una startup in Silicon Valley e un coding bootcamp che, ciclicamente, forma sviluppatori (una delle figure più richieste nel mondo del digitale). Hanno realizzato un master in digital marketing (giunto alla seconda edizione) che ha visto il coinvolgimento dei principali attori del mondo del digitale.
Infine, in collaborazione con l’altro prodotto portato avanti da Marco Imperato, Product Heroes, edgemony forma i dipendenti di alcune grandi aziende italiane su Product Management e OKR.

Impara, fai e sbaglia: velocemente, se possibile.

L’intera offerta formativa di Edgemony parte da Palermo: “Una cosa impensabile fino a qualche anno fa”, dice Marco nell’intervista. Sia per il tipo di pubblico a cui la scuola si rivolge ma anche per i docenti/mentor che vengono coinvolti.

La citazione su formazione in Sicilia di Marco di Edgemony

Gli studenti di Edgemony sono persone che già lavorano nel mondo del digitale o chi ha deciso di voler cambiare ambito e ha intrapreso il cosiddetto “re-skilling”, cioè il voler imparare nuove competenze per poter sperimentare nuovi ambiti lavorativi. Sono per lo più siciliani e tanti sono tornati a Palermo – dice Marco – a causa della pandemia da Covid-19. Per loro Edgemony è un vero e proprio nuovo punto di partenza.

La forza di Edgemony sta nel network di docenti che ti mette a disposizione. Ma, come ogni cosa, non è tanto ciò che possiedi ma come lo “utilizzi”. Marco sottolinea questo aspetto nell’intervista dicendo che ogni mentor/docente porta non solo la propria esperienza ma anche la mentalità che ha imparato in azienda. L’offerta formativa di Edgemony non mira infatti all’insegnamento di nozioni ma vuole dare la possibilità alle studentesse e agli studenti di imparare, mettere in pratica ciò che hanno imparato e, soprattutto, sbagliare. Il tutto in un loop continuo e possibilmente, da fare nel modo più veloce possibile.


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Foto di copertina, via.

Musica, industria 4.0 e automotive: storia di un ecosistema.



Mettere insieme musica, industria 4.0 e automotive non è cosa da tutti. Ci provo in questo podcast per raccontare tre progetti che arrivano da Messina, la città dove sono nato. Si tratta di b-rain, arancino.cc™ e Stretto in Carena.

b-rain sequencer

b-rain - in azione. Parte di un ecosistema

b-rain, un sequencer creato partendo da una Raspberry Pi 4, e utilizzando i linguaggi di programmazione Puredata e Python. b-rain punta sulla facilità d’uso, la versatilità e l’essere “open”. È uno strumento utile sia in fase di registrazione che durante un live set perché aiuta a gestire con facilità più fonti e racchiude una serie pressoché infinita di strumenti raggiungibili con pochi click grazie all’interfaccia d’uso molto semplice.

b-rain è  un progetto realizzato da Alessio Zaccone, Peppe Ruggeri e Vincio Siracusano.

arancino.cc™

arancino - parte di un ecosistema

arancino.cc™, un’architettura sviluppata da smartme.IO® basata sullo stesso concetto di comunicazione tra emisfero destro ed emisfero sinistro del cervello umano. L’architettura arancino.cc™ semplifica l’interazione cloud-IoT e facilita l’implementazione dei Cyber Physical System, inoltre sfrutta l’edge e il fog computing e si adatta perfettamente alle soluzioni di intelligenza artificiale e di machine learning.

Ne parlo con Sergio Tomasello, che lavora alla parte di programmazione di alto livello di arancino.cc™.

Stretto in Carena

team di Stretto in Carena - parte di un ecosistema

Stretto in Carena è un progetto dell’Università di Messina che in questi anni ha costruito da zero una vera e propria scuderia coinvolgendo studenti da tutte le facoltà. L’obiettivo è realizzare un prototipo di moto utile a prendere parte alla motostudent. La competizione, aperta agli atenei di tutto il mondo, valuterà le scuderie non solo dai risultati ottenuti in pista ma anche in base al lavoro di progettazione e costruzione dei veicoli.

Ne parlo con Gianmarco Interdonato, responsabile reparto elettronica di SIC.


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Ecosistema: un luogo di relazione e sviluppo.

Pur ricadendo in tre ambiti molto diversi tra loro, ho visto in questi tre progetti un legame che non è solo territoriale, ma che è facile da riassumere con il termine di ecosistema.

Un ecosistema è qualcosa i cui abitanti entrano in relazione tra loro e si influenzano, non per forza volutamente, semplicemente portando avanti i propri progetti e – se è il caso – supportandosi a vicenda.


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Foto di copertina, via b-rain.net

I Cavalieri Digitali quest’anno ti aspettano intorno alla loro tavola rotonda

È una vera e propria tavola rotonda quella che il 16 e il 17 ottobre verrà allestita per chi vorrà saperne di più sul marketing digitale. Una tavola accessibile anche da remoto per chi, in quei giorni non potrà raggiungere la “compagnia” a Capo d’Orlando, in provincia di Messina. Ad organizzarla sono i Cavalieri Digitali e sia che tu voglia farne parte da remoto o in presenza Start Me Up ti dà la possibilità di partecipare a un prezzo scontato.

Accesso alle competenze digitali a due passi dal mare

Il gergo medioevale è d’obbligo, lo usiamo ormai da tre anni, da quando cioè ha preso vita Cavalieri Digitali, l’iniziativa che vuole garantire l’accesso alle competenze digitali di qualità ai professionisti del Sud Italia senza obbligarli a viaggi lontani. E a due passi dal mare, visto che si svolge a Capo d’Orlando, stupenda cittadina sulla costa tirrenica a metà tra Messina e Palermo. L’edizione di quest’anno sarà una tavola rotonda, uno spazio di 100 posti che gli iscritti condivideranno con i Gran Maestri di questa terza edizione. Niente palco quindi, ma una formazione “alla pari” con tanto di esercitazioni pratiche. La tavola rotonda ti permetterà tra una lezione e l’altra di parlare e confrontarti con i formatori e il resto dei partecipanti su casi studio reali.

I temi di questa terza edizione spazieranno da lead generation, UX writing e neuromarketing con un occhio all’uso di strumenti come Google Ads e Linkedin. Qui tutti i nomi dei Gran Maestri e gli argomenti di questa terza edizione. In più, tutti i partecipanti alla tavola rotonda accederanno ai contenuti online sia gratuiti che a pagamento che i Cavalieri Digitali hanno prodotto nei mesi scorsi.

Start Me Up ti fa sedere alla Tavola Rotonda a prezzo scontato

L’ingresso alla tavola rotonda dei Cavalieri Digitali è riservato a solo 100 persone ed è a pagamento. Il prezzo finale dell’evento è di 190€ ma chi segue Start Me Up potrà accedere all’evento a soli 99€. Come? Basta mandare una mail e farne esplicita richiesta.

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Cavalieri Digitali è un progetto nato tre anni fa da Anna Rachele Caporlingua e Federico Rinoldo dell’agenzia Sintagma. Un evento che seguiamo con affetto dalla prima edizione e che siamo felici di supportare e promuovere. Nel tempo Cavalieri Digitali è cresciuto nei temi e in prestigio, mantenendo inalterato l’obiettivo di portare con serietà le competenze pratiche e specifiche di marketing digitale al Sud Italia. È cresciuto nonostante gli organizzatori ci tengano a sottolineare che il loro è l’evento più piccolo e intenso del Sud Italia. Per questo devi garantirti il tuo posto alla tavola rotonda oggi stesso.

Per il rilancio del Sud Italia partiamo dal lavoro a distanza



C’è un detto in Sicilia che recita “Cu nesci, arrinesci”, cioè chi esce, chi emigra, si afferma. Se questo proverbio spinge le persone a partire e a “conquistare” il mondo, dall’altra parte sottolinea la rassegnazione di chi sa che il luogo dove è nato non potrà mai cambiare. La storia che raccontiamo in questo podcast ci permette di leggere questo detto sotto un altro punto di vista: forse questo “uscire” non è necessariamente legato alla fisicità o alla geografia di un territorio. Forse per affermarsi è necessario “uscire” da quelle che sono le nostre convinzioni e abitudini.

È ciò che sta facendo la protagonista di questa storia che possiamo quindi definire “rinisciuta” (affermata). Non tanto perché ha vissuto per dieci anni fuori dall’Italia, ma perché, tornando, ha deciso di sfidare un sistema che in questi anni non ha funzionato, che non ha prodotto quello che prometteva.

Questa introduzione è necessaria per sottolineare che South Working proposto da Elena Militello – questo il nome della protagonista di questo podcast – non è semplicemente lavoro a distanza, ma un programma di rilancio del Sud Italia e delle aree periferiche di questo Paese.


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South Working: il lavoro come agente di coesione del Paese

South Working è un progetto di advocacy volto a creare un movimento di opinione sulla possibilità di lavorare a distanza in via principale e finalizzato al miglioramento della coesione economica, sociale e territoriale tramite il mezzo dei contratti di lavoro permanenti o principale a distanza.
Lo ha immaginato Elena Militello che per dieci anni ha vissuto e lavorato con un contratto di post doc in diritto fuori dalla Sicilia, la Regione in cui è nata. Il suo poteva essere il destino di tante ragazze e ragazzi che ogni anno lasciano il Sud Italia alla ricerca di un lavoro o di un corso di studio (per conoscere i numeri di questa vera e propria emorragia, leggi il rapporto 2020 su profilo e occupazione dei laureati presentato da Almalaurea a giugno scorso).

Elena rientrando a casa a causa delle restrizioni dovute al contenimento della pandemia da Covid-19 ha immaginato e poi sperimentato il lavoro a distanza. Da lì l’intuizione di mettere a sistema – sfruttando le leggi italiane in vigore – la possibilità dei lavoratori di rimanere nel luogo di origine mantenendo però gli incarichi presso strutture e uffici dislocati altrove.

Rendere l’Italia un Paese più coeso grazie al lavoro a distanza

Ma se ci fermassimo alla sola questione del lavoro sminiuremmo la portata rivoluzionaria di South Working. Il sistema, per come è stato immaginato da Elena, rappresenterebbe la chiave per rendere più coeso il nostro Paese e permettere alle aree interne di trovare lo stimolo e le risorse per colmare il divario esistente. Come? È la stessa Elena a spiegarlo durante l’intervista.

Al momento Elena Militello, supportata dalla sezione palermitana dell’associazione Global Shapers, sta raccogliendo i dati per fornire un quadro sull’esistente da inserire nel prossimo rapporto SVIMEZ. I dati serviranno soprattutto per creare un portale che possa assistere tutti quei lavoratori che vorrebbero tornare nei propri luoghi di origine mantenendo il proprio lavoro.

La citazione di Elena di South Working su lavoro a distanza nel Sud Italia

Solo il tempo ci dirà se South Working vedrà una sua attuazione concreta e porterà gli effetti sperati. Noi ce lo auguriamo, ovviamente. In ogni caso il pregio di questo progetto al momento è quello di aver proposto un modello altro a qualcosa di già visto e che – nei fatti – ha dato prova di non essere adatto a risolvere un problema che si trascina da troppo tempo. Elena Militello con South Working è uscita da quegli schemi e solo per questo si è già affermata. E il successo e l’eco che ha generato fin qui ne è la dimostrazione.


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La foto di copertina è di Vilija Valeisaite via Unsplash