Quattro motivi per leggere “Il lavoro del futuro” di Luca De Biase

Parlando di questo libro avrei potuto inserire un sacco di citazioni che mi sono rimaste in mente. Il rischio sarebbe però poi stato di non scrivere un articolo ma di fare un plagio, così cerco di mettere le idee al proprio posto e vi do quattro motivi per leggere “Il lavoro del futuro” di Luca De Biase.

Innanzitutto perché non è solo teoria. È bello vedere come l’autore inserisca casi concreti di aziende italiane che lavorano in campi come la robotica e a livelli così alti che quasi pensi non sia possibile: quando il dibattito quotidiano si è ridotto a polemiche e a un gioco al ribasso che ci appiattisce tutti alla mediocrità? Perché è necessario acquistare un libro per sapere che in ogni parte d’Italia c’è almeno un’azienda che cerca di innovare il proprio settore? Credo che se notizie di questo tipo fossero più alla portata di tutti guarderemmo al futuro con meno livore e forse anche con un po’ più di serenità.

Fa i conti con la paura sempre più diffusa della perdita di posti di lavoro (vedi alla voce livore, poco più su). Magari è una versione edulcorata del futuro, però il libro affronta il tema del “sopravvento dei robot” in maniera piuttosto oggettiva. E lo fa in un modo abbastanza banale e cioè trattando i robot per quello che sono, cioè macchine. Quindi nessun complottismo o piano di chi sa quale mente perversa, ma solo la consapevolezza di dire che in quanto macchine saremo noi umani a stabilire come funzioneranno. Sul tema poi della mancanza dei posti di lavoro si conferma la visione che si, le macchine faranno ciò che oggi fa un operaio poco specializzato: ma si pone in luce anche che se si tratta di lavori massacranti, poco stimolanti e rischiosi c’è da dire anche meno male! Il libro si sofferma poi sui vari tipi di posti di lavoro che la robotica richiederà in un futuro talmente prossimo che stiamo parlando di ore. Un aspetto poco dibattuto ahinoi, ma che ci dovrebbe interessare visto che qualcuno questi lavori dovrà farli e come dice il proverbio “chi tardi arriva, male alloggia”.

Non solo robotica. Se parlasse solo di tecnologia e robot “Il lavoro del futuro” sarebbe un libro incompleto. Una parte del saggio è dedicata infatti a come cambia il lavoro nella vita delle persone. Ci stiamo infatti sempre più allontanando da un modello rigido vita personale/lavoro. Ci piaccia o no, la persona come essere pensante è e sarà sempre più coinvolta nella vita della azienda di cui fa parte. Un po’ perché il lavoro meccanico sarà sempre più affidato alle macchine (vedi su), dall’altro lato c’è anche un motivo culturale dietro: le persone saranno sempre meno disponibili a lavorare in posti in cui non posso apportare valore all’azienda. Un aspetto che chi si appresta a gestire questa nuova forza lavoro non può sottovalutare: già oggi chi lavora sente l’esigenza di essere coinvolto e questo aspetto prenderà sempre più piede in futuro.

Formazione ed ecosistemi. Per questo motivo un altro aspetto indagato da “Il lavoro del futuro” è quello della formazione e di ciò che c’è intorno all’azienda. Non possiamo più immaginare che un’impresa si preoccupi solo di ciò che avviene all’interno delle proprie mura. È necessario instaurare un dialogo con gli enti di formazione, con le amministrazioni locali e nazionali per stimolare una crescita sociale, culturale e quindi anche economica di un intero sistema. Sembra complesso ma è un tema profondamente legato a quanto detto in precedenza. I lavoratori avranno sempre più bisogno di essere coinvolti e in base a questo riusciranno a dare il giusto contributo alla propria azienda.

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Foto di copertina di Annie Spratt, via Unsplash.