La transizione ecologica passa anche dalla ricerca acustica (e la lana)



Cosa lega la transizione ecologica, i processi di autocostruzione e la ricerca acustica? Se la domanda sembra bizzarra la risposta non è da meno: la lana di pecora. Sì, abbiamo scritto lana di pecora e se ascolterai questo episodio di Start Me Up capirai perché. Il protagonista è Leonardo Lococciolo, project manager di Hackustica.

Hackustica è la startup pugliese che si occupa di progettazione e consulenza acustica, ma anche di ricerca e sviluppo di materiali naturali. Al momento il tutto è finalizzato alla produzione di pannelli fonoassorbenti ma in futuro gli sviluppi potrebbero interessare anche il campo della bio-edilizia. Insieme a Leonardo scopriamo lo stato dell’arte del mercato dei prodotti industriali di origine animale, cercando di intuire il potenziale dietro la sua azienda.

 


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La lana di pecora e la transizione ecologica

Hackustica deve la sua nascita al territorio pugliese. Non sarebbe stato possibile infatti immaginare questo tipo di azienda se non in una regione con una presenza massiccia di aziende agro pastorali e che negli ultimi anni ha visto la nascita di numerose iniziative nel campo della cultura e dello spettacolo. L’intuizione di utilizzare la lana di pecora come elemento centrale per la produzione di pannelli fonoassorbenti da destinare agli spazi per il pubblico spettacolo viene fuori proprio da questo mix (ma nel podcast è raccontato meglio).

La citazione di Leonardo di Hackustica su trasizione ecologica e lana

La lana di pecora, a parità di consumo, presenta una serie di vantaggi rispetto alle alternative attualmente in uso. Naturalmente, visto l’enorme potenziale che questo materiale ha e la quantità presente (non solo in Puglia) è normale che si stia immaginando di utilizzarla anche in settori che non siano strettamente legati al campo dell’insonorizzazione acustica. E l’impatto che questo materiale avrebbe in settori come ad esempio l’edilizia aiuterebbe ad accelerare i processi di transizione ecologica.

Ci sono alcuni fattori che al momento ostacolano la diffusione della lana di pecora. Una sfida che il team di Hackustica sta affrontando anche grazie al supporto del programma di incubazione Ready to impact di a|cube società benefit.

Autocostruzione e l’eredità di Ex-Fadda

Il percorso di Leonardo Lococciolo e Rosario Errico è strettamente legato alla nascita di Ex-Fadda a San Vito dei Normanni. Da questa esperienza i due founder si portano dietro tutta la potenza e i benefici dei cantieri di autocostruzione. È Leonardo a raccontare nel podcast che proprio grazie all’esperienza vissuta a San Vito dei Normanni lui ha compreso quale potesse essere il suo futuro professionale.

Il processo di autocostruzione è stato talmente importante per il team di Hackustica che una delle prime azioni di questa azienda è stata organizzare un cantiere che coinvolgesse professionisti e non per portare a termine il loro primo progetto: la realizzazione dell’architettura acustica di TEX – Il teatro dell’Ex Fadda.

Al momento in cui abbiamo registrato l’intervista gli sviluppi di Hackustica non sono stati ancora ben definiti. Qualunque sarà la strada però siamo certi che il team manterrà fede ai valori raccontati in questo podcast: riuso, economia circolare e processi partecipativi. Elementi che tra le altre cose permettono a Hackustica di legare la transizione ecologica alla ricerca acustica.


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Foto di copertina di Andrea Lightfoot via Unsplash.

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04.radiosmu – green Chiudiamo le repliche di agosto con tre startup che vogliono lasciare un mondo migliore di quello che hanno ricevuto



Tante startup nascono con l’idea di voler lasciare qualcosa di buono sia alle persone che al nostro pianeta. In questo ultimo podcast di agosto abbiamo raccolto tre storie di tre progetti green, che hanno cioè a che fare con la salute delle persone e del pianeta.

In Calabria il mulino a pietra si finanzia con il crowdfunding

grano

immagine via

La notizia ha fatto il giro di tutti i giornali e arriva da San Floro (CZ). Mulinum è il progetto portato avanti da Stefano Caccavari che attraverso il crowdfunding sta recuperando il più antico mulino a pietra naturale della Calabria per inserirlo in un ciclo produttivo di prodotti da forno. Il Sole 24 ore lo ha definito il primo mulino social e la raccolta è in dirittura d’arrivo «Siamo all’80% della somma prevista» dice Stefano a Start Me Up. Quello di San Floro non è un mulino qualunque: è uno dei pochi rimasti a pietra naturale. Al di là dell’evidente valore storico c’è anche un vantaggio dal punto di vista produttivo perché la macinatura ottenuta da questo tipo di pietra è unica e difficilmente replicabile. Inoltre anche il grano che si intende macinare presenta delle qualità nutritive particolari «Come il resto della Calabria anche a San Floro cresce un tipo di grano ricco di fibre e povero di glutine rispetto ai cosiddetti grani moderni» dice nell’intervista.

Stefano non è nuovo a simili iniziative: quando San Floro ha rischiato di diventare la più grande discarica d’Europa ha dato vita a orto di famiglia: «Siamo ripartiti dalla terra per dire che il nostro territorio è a vocazione agricola e non a vocazione di rifiuti industriali e pericolosi». E infatti oggi chi vive nei pressi di Catanzaro può comprare a chilometro zero frutta e verdura coltivati senza concimi chimici. C’è ancora modo per contribuire alla realizzazione del mulino. Per farlo si può contattare Stefano sul suo profilo facebook oppure andare su mulinosanfloro.it e scegliere di fare una donazione libera o acquistare in anticipo il kit farina bio.

Kanesìs e i mille usi della canapa industriale

radiosmu incontra kanesis

Un momento dell’intervista a Giovanni Milazzo

Giovanni Milazzo da circa un anno è a capo del progetto Kanesìs. Questa startup catanese sta lavorando per mettere in piedi la filiera produttiva della canapa industriale. L’ho incontrato durante il primo Open Day del FabLab Messina (ne ho parlato qui), dedicato al riciclo. Proprio per questo l’intervista parte dal filamento che Kanesìs ha creato per la stampa 3D e che ha origine dagli scarti della canapa: «un prodotto di per sé straordinario a cui si aggiungono ulteriori caratteristiche straordinarie», dice Giovanni. L’obiettivo di Kanesìs non è però la sola stampa 3D: «Siamo all’interno di un percorso – continua – che ci porterà a realizzare granuli speciali prodotti dalla canapa industriale siciliana». L’intervista è stata registrata l’1 ottobre e da allora sono stati tanti i passi avanti fatti da questi ragazzi, vi invito a seguire il progetto su kanesis.eu.


È partita la campagna di crowdfunding di Kanesìs su kickstarter. 

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Pulire il mare con la lana

lana_mare_pulitoIn Sardegna c’è chi vuole pulire le acque con la lana. È Daniela Ducato che con la sua azienda – Edilana – è riuscita a creare insieme all’Università di Cagliari Geolana Salvamare. Geolana è un sistema naturale composto da lana e sugherone (gli scarti dell’albero del sughero) che è in grado di assorbire gli agenti inquinanti, soprattutto petrolchimici, presenti nei liquidi. Tecnicamente questo materiale rientra nei geotessili assorbitori e potrebbe rappresentare una svolta nella pulizia dei nostri mari, fiumi e laghi. Oltre ad assorbire gli agenti inquinanti con un rapporto 1 a 14 (ogni chilo di Geolana ne assorbe 14 di agenti inquinanti), dice Daniela che nel corso di un mese vengono eliminati almeno 2/3 di agenti inquinanti restituendo acqua pulita. Geolana viene fuori dalla collaborazione con l’Università di Cagliari e rientra nelle filiere Edilzero Architetture di Pace, prodotti diversi tra loro che hanno in comune alcune caratteristiche:

  • la produzione totalmente italiana,
  • la coincidenza tra il luogo di produzione il luogo di trasformazione (la cosiddetta produzione a chilometro/costo),
  • l’utilizzo di materie rinnovabili ed eccendenti (che non incidono cioè sulla produzione agricola, ma esistono in abbondanza in natura),
  • il totale scambio di competenze e conoscenze tra le varie aziende che compongono la filiera.

Per approfondire le tematiche citate durante l’intervista e acquistare i prodotti Edilana c’è il sito edilana.com.

foto di copertina di Steinar La Engeland

#29.radiosmu – Pulire il mare con la lana È un'idea di una azienda sarda. Inoltre parliamo dei progetti che hanno vinto "Dall'idea al Progetto" e della call 2016 di TIM Wcap

In Sardegna c’è chi vuole pulire le acque con la lana. È Daniela Ducato che con la sua azienda – Edilana – è riuscita a creare insieme all’Università di Cagliari Geolana Salvamare. Geolana è un sistema naturale composto da lana e sugherone (gli scarti dell’albero del sughero) che è in grado di assorbire gli agenti inquinanti, soprattutto petrolchimici, presenti nei liquidi. Tecnicamente questo materiale rientra nei geotessili assorbitori e potrebbe rappresentare una svolta nella pulizia dei nostri mari, fiumi e laghi. Oltre ad assorbire gli agenti inquinanti con un rapporto 1 a 14 (ogni chilo di Geolana ne assorbe 14 di agenti inquinanti), dice Daniela che nel corso di un mese vengono eliminati almeno 2/3 di agenti inquinanti restituendo acqua pulita. Geolana viene fuori dalla collaborazione con l’Università di Cagliari e rientra nelle filiere Edilzero Architetture di Pace, prodotti diversi tra loro che hanno in comune alcune caratteristiche come la produzione totalmente italiana, la coincidenza tra il luogo di produzione il luogo di trasformazione (la cosiddetta produzione a chilometro/costo) l’utilizzo di materie rinnovabili ed eccendenti (che non incidono cioè sulla produzione agricola, ma esistono in abbondanza in natura) e il totale scambio di competenze e conoscenze tra le varie aziende che compongono la filiera. Il sito ufficiale di Geolana sarà online tra qualche giorno, in ogni caso, per restare aggiornati, per approfondire le tematiche citate durante l’intervista e acquistare i prodotti Edilana c’è il sito edilana.com.

Dagli orti in acqua ponica alle bici in bamboo: i progetti che hanno vinto il bando Vulcanìc

VulcanicLo abbiamo promosso anche attraverso le pagine e il podcast di Start Me Up e a inizio aprile c’è stata la cerimonia di premiazione dei progetti. Stiamo parlando di Da idea a progetto, bando promosso dall’acceleratore catanese Vulcanìc. La call era composta da tre bandi su tematiche specifiche. Ne parliamo con Simone Piceno di Impact Hub e da lui ci facciamo spiegare come è andata la giornata di premiazione ma soprattutto quali sono i progetti vincitori. Per il bando Horto in Hotel a vincere sono stati addirittura due i team: BioFactory e Hortel. Il primo propone la coltivazione in acqua ponica, un sistema quindi totalmente autosostenibile e a basso impatto ambientale, mentre Hortel è specilizzato nella creazione di orti sinergici. I due progetti saranno incubati e andranno così a migliorare la qualità del cibo servito presso il ristorante dello Sheraton di Catania, partner di questa call. CarPlusCamp si aggiudica invece il primo posto per la call CoopUp: il progetto è un marketplace per gli amanti del campeggio, all’interno del quale sia privati che aziende possono mettere i propri attrezzi a disposizione degli altri in modo così da poter recuperare sul posto tutto il materiale necessario senza doverlo trasportare da casa. Infine la call dedicata all’innovazione sociale digitale è andato allo studio di design LA.BOO, specializzato in prodotti in bamboo. Questo materiale ha dato infatti prova di essere estremamente versatile e resistente e i ragazzi hanno in mente di utilizzarlo per la realizzazione di una serie di oggetti di design. Al momento hanno già creato una bicicletta.
Prima di salutarci Simone esprime tutta la soddisfazione per come è andata questa prima edizione di Da idea a progetto: «Abbiamo ricevuto quasi 37 idee e le scelte sono state davvero complicate perché i progetti erano validi e i team molto preparati. Considerando che in palio non c’era un grant ma solo mentorship siamo davvero molto contenti di come siano andate fin qui le cose». Per i team adesso iniziano i lavori che potranno essere seguiti dal sito Vulcanìc e dai profili facebook e twitter dell’incubatore catanese.

Presentata la call 2016 di TIM Wcap: tutte le novità del bando

TIMWcapÈ stata presentata meno di una settimana fa la call 2016 di TIM Wcap, un bando che si presenta rinnovato sotto vari punti di vista e che dal 2009 rappresenta una certezza nel panorama dell’innovazione italiana. Per l’occasione abbiamo il piacere di ritrovare a Start Me Up Dario Maccarrone, colui che che gestisce l’acceleratore TIM Wcap di Catania. La prima novità del bando 2016 è il valore dei grant che passa a 40.000 euro. Inoltre quest’anno si parla di call for startup e non for ideas: «Questo significa che rispetto agli altri anni TIM andrà a premiare i progetti che hanno già una certa solidità dal punto di vista progettuale, ma – tranquillizza Dario – non per forza i gruppi proponenti devono essere già costituiti come società». Inoltre, in linea con quanto fatto durante gli scorsi anni, si cercherà sempre più di inserire le startup incubate all’interno di TIM. «Abbiamo cercato di aumentare il numero di possibilità per i progetti incubati di entrare in contatto con l’azienda TIM – spiega Dario. Abbiamo creato un percorso aggiuntivo per quelle startup che si distingueranno all’interno del periodo di accelerazione per fornire loro un ulteriore finanziamento di 10.000 euro (da aggiungere ai 40) e un periodo di incubazione a Roma a stretto contatto con le business unit di TIM». Altra novità è la piattaforma TIM Open attualmente in versione beta, che servirà a veicolare ulteriori servizi e favorirà lo scambio di competenze e conoscenze tra i progetti vincitori. A fare la differenza nella scelta dei progetti da parte di Tim secondo Dario saranno i servizi che possono tornare utili a TIM – se ci fate caso il bando parla di startup digitali. Quindi chi ha un’idea che possa migliorare la comunicazione digitale non può certo perdere questa occasione. Il termine ultimo per presentare la propria candidatura è il 30 maggio, tutte le informazioni sulle modalità di partecipazione sono su wcap.tim.it.