Fai delle tue passioni un lavoro e impara dai tuoi fallimenti: la storia di Housatonic



L’ospite di questo podcast è Alfredo Carlo, facilitatore grafico, designer dei processi creativi e fondatore di Housatonic. Attraverso un’intervista e alcuni audio estratti dal suo intervento al Fuckup Nights Torino ripercorriamo la storia di Alfredo che, partendo dalle sue passioni, è riuscito a crearsi un lavoro che ha dovuto interrompere dopo sette anni di attività. Lo stop forzato gli ha permesso di analizzare quanto fatto fino a quel momento e ripartire con uno spirito nuovo.
Questo podcast che rientra nel ciclo FallisciMeglio è stato possibile grazie alla collaborazione con Fuckup Nights Torino, Impact Hub Torino e Marilù Sansone che ha messo a disposizione gli audio registrati grazie a Vocally.

Lo stop forzato di Stockbridge e la nascita di Housatonic

L’avventura imprenditoriale di Alfredo Carlo nasce grazie alla sua passione per la grafica e il disegno. Una dote che gli permette di confezionare linee di abbigliamento che vende attraverso un marchio da lui creato, Stockbridge. Il nome prende spunto da una cittadina americana a cui Alfredo è legato. Quando uno dei suoi principali acquirenti gli comunica che non potrà più acquistare i suoi prodotti le cose per Stockbridge non si mettono bene. È un momento difficile e Alfredo capisce che è necessario correre ai ripari. Come se non bastasse, nello stesso periodo un’azienda di abbigliamento con un nome molto simile a Stockbridge minaccia una possibile accusa per plagio e Alfredo, seppur a malincuore, decide di rinunciare al nome e a chiudere l’azienda. Fonda così Housatonic, l’idea per il nome gli arriva dal fiume che attraverso Stockbridge, e si concentra di più sulla facilitazione aziendale, un ambito che aveva iniziato a indagare qualche tempo prima. In più usa l’esperienza accumulata nel campo dell’abbigliamento per la creazione di gadget aziendali.

Lavoro e passioni personali: quale relazione?

I primi tempi di Housatonic sono caratterizzati da una serie di attività che sono ancora frutto delle passioni di Alfredo: con il tempo è lui stesso a concentrarsi su alcune, tralasciandone altre. Segno di una crescita personale e professionale di cui parliamo abbondantemente nella parte centrale di questo podcast.
C’è poi un aspetto molto interessante che sottolineiamo successivamente e cioè il valore del fallimento nel lavoro di squadra. Molto spesso si sbaglia sia perché non si chiede abbastanza ma anche perché non si aiuta abbastanza: è un mantra che Alfredo accenna durante il suo intervento alla Fuckup Nights e che noi approfondiamo durante l’intervista.

La citazione di Alfredo di Housatonic su fallimento, no e passioni

Successivamente indaghiamo anche la questione della scelta e dei no che ogni imprenditore deve dire quotidianamente. Alfredo ha sperimentato per primo l’importanza di un equilibrio tra i sì e i no che devono essere pronunciati. Una pratica che rafforza entrambe le risposte sia in un senso che in un altro e che inevitabilmente ha una ripercussione positiva sul lavoro quotidiano dell’imprenditore.

Questo podcast rientra nel ciclo FallisciMeglio, la serie che Start Me Up dedica al buono del fallimento.


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Se il mercato cambia non è detto che tu debba adattarti



Il 13 giugno ho ricevuto una mail che recitava pressapoco così:

Ciao Fabio,

con dispiacere ma anche con l’orgoglio di chi piano piano ha visto crescere una realtà aziendale capace di giocare un ruolo nel complicatissimo scenario del marketing digitale italiano ed europeo, ti comunichiamo che dal 1 luglio interromperemo tutti i nostri servizi.

Il mittente era Fabrizio Ferreri di Seejay che proseguiva la mail elencando il percorso che aveva portato questa startup a lavorare con Rai, Sisal, Amadori, e tante altre aziende importanti restando sempre in Sicilia. Non ci ho pensato due volte e ho chiesto a Fabrizio di raccontare ai nostri microfoni la storia di Seejay e di come questa startup sia arrivata a chiudere dopo sei anni di attività.

Seejay, startup pioniera del mercato digitale

Seejay è una delle prime startup nate in Sicilia e sicuramente una delle prime che era riuscita a interpretare al meglio le potenzialità del mercato digitale che in quel periodo nasceva. Grazie a Seejay ogni utente riusciva a raggruppare in modo semplice e intuitivo tutti i messaggi presenti sui social che riguardavano uno specifico argomento. Seejay funzionava con i principali social network e in poco tempo era riuscita a ritagliarsi un piccolo spazio nel panorama digitale italiano.

Quello in cui ha mosso i primi passi Seejay era un mercato popolato da veri e propri pionieri che sperimentavano sulla propria pelle un nuovo modo di fare impresa. In questa intervista Fabrizio parla naturalmente anche di questo perché se oggi Seejay non c’è più è principalmente perché quel modello di sviluppo è stato totalmente inghiottito dalle più classiche logiche capitalistiche.
Il mondo delle startup che conosceva Fabrizio conteneva l’utopia di un mercato che potesse svilupparsi in modo totalmente diverso rispetto al passato. La storia ci ha detto che le cose sono andate diversamente e allora i soci fondatori di Seejay hanno deliberatamente deciso di non voler proseguire più questa avventura. Ci sono stati anche alcuni tentativi di cedere la società, ma tutti sono stati vani: i motivi li spiega per bene Fabrizio nel corso dell’intervista.

La citazione di Fabrizio di Seejay

Come ogni storia che si chiude però, anche quella di Seejay non è passata invano: il team che lavorava al progetto oggi non esiste più e ogni componente ha seguito diverse strade. Tutti sfruttano al meglio l’esperienza accumulata in questi anni di lavoro a Seejay. Lo assicura Fabrizio stesso che oggi è un professore e uno scrittore e nel lavoro di tutti i giorni mette un po’ di ciò che ha imparato nelle sue nuove professioni. Una sorta di giveback che ricorda molto il modello del mondo startup della prima ora a cui abbiamo fatto riferimento poco fa. Un modello che anche in Italia abbiamo provato a sperimentare e che forse non tornerà più.

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