La psicoterapia cambia volto con il digitale e l’ironia: la ricetta di unobravo.



In Italia sta cambiando la sensibilità delle persone verso la psicoterapia. Non possiamo certo dire che questa disciplina sia ormai sdoganata ma è certo che la situazione sia diversa rispetto a qualche anno fa.

Come tutti i cambiamenti di tipo culturale, anche in questo caso è necessario che passi del tempo affinché si modifichi il senso comune. Ciò può avvenire se si agisce su più fronti: c’è il digitale che fa la sua parte, ad esempio, rendendo più facile l’accesso al servizio. Ma il digitale da solo non può essere determinante.

Forse anche per questo motivo c’è chi ha deciso di trattare con ironia, seppur mantenendo sempre il rigore necessario, un tema delicato come la psicoterapia. Stiamo parlando di unobravo che permette a chiunque lo desideri di trovare online lo psicologo più adatto alle proprie esigenze.

Abbiamo parlato con Danila De Stefano, founder di unobravo, e, oltre a ripercorrere a grandi linee la storia di questa startup, abbiamo parlato di come il digitale da solo non basti per cambiare lo status quo nel nostro Paese.


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unobravo, il servizio che ti aiuta a trovare quello bravo veramente…

… almeno secondo i canoni di chi si occupa della selezione! Scherzi a parte, nella prima parte dell’intervista Danila ci spiega come il punto di forza di unobravo sia dare la possibilità a ogni paziente di trovare lo o la psicologo/a più adatto/a alle proprie esigenze. A monte c’è quindi una selezione che tiene in considerazione ovviamente la formazione del professionista ma anche una serie di fattori umani che hanno un peso sulla scelta del candidato.

Partendo poi dai dati che in questi anni la piattaforma ha raccolto ci facciamo raccontare da Danila il tipo di utenza che frequenta unobravo e le potenzialità e i limiti della terapia online. Piccolo spoiler: tutti i lati negativi potranno essere risolti presto, quando la tecnologia lo permetterà.

La citazione di Danila di unobravo

C’è poi il tema del cambiamento di tipo culturale. In Italia non possiamo certo dire che la psicoterapia sia un tabù, ma possiamo affermare tranquillamente che sia ancora un argomento su cui girano falsi miti. La missione di unobravo è anche quella di cambiare questo “stato delle cose”; per farlo utilizza il digitale ovviamente. E non solo perché le sedute sono online, ma anche perché, periodicamente, questa azienda organizza campagne di sensibilizzazione e utilizza i propri canali social come mezzo di divulgazione.

Comunicazione ironica ma mai superficiale

Come abbiamo sottolineato in precedenza, il digitale da solo non può bastare: per arrivare a più persone possibile unobravo si affida all’ironia. Attenzione! In questo caso “leggerezza” non va associata a superficialità! Lo precisa Danila e racconta che alcuni pazienti e professionisti hanno trovato “offensivo” questo ricorso al nome “unobravo”. “Per fortuna sono pochi”, ammette sollevata la protagonista di questo podcast, ma, per quanto piccolo, questo dato dice molto sullo stato del dibattito pubblico sulla psicoterapia.

Un dibattito che unobravo contribuisce a arricchire attraverso il proprio servizio e la sua comunicazione.


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Foto di copertina di Craig Garner on Unsplash.

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Una storia di pasta, ritorno a casa e felicità



Già da tempo, il tornare a casa per realizzare il proprio sogno imprenditoriale non è più qualcosa di così straordinario. Può diventarlo se chi lo fa, mette insieme la voglia di realizzare un sogno e un metodo o una strategia, imparata attraverso il mestiere per cui si è studiato.

Amelia Cuomo è un buon esempio: nel 2013 aveva davanti a sé una carriera in una delle maggiori società di consulenza. Ma decide di abbandonare quella strada per dedicarsi al pastificio di famiglia, chiuso da settant’anni. Insieme al fratello Alfonso, Amelia rimette in piedi il Pastificio Cuomo e i due non si limitano alla produzione della pasta. Ma realizzano un bistrot, un b&b e un museo.

Per quello che in questi anni ha fatto, Amelia Cuomo è tra le finaliste del premio Gammadonna, il riconoscimento che annualmente valorizza l’imprenditoria femminile innovativa. E anche per questo motivo è l’ospite di questo podcast di Start Me Up.


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Dare nuova vita al Pastificio di famiglia: una questione di felicità.

Fino al 2015 Amelia Cuomo lavorava a Roma come consulente. La sua era una carriera ben avviata. Un po’ per caso, qualche anno prima, aveva passato sei mesi a casa (lei è originaria di Gragnano, in provincia di Napoli) e lì si ritrova a pensare alla storia della sua famiglia. Nel 1939 il pastificio gestito dai suoi antenati aveva chiuso i battenti ma l’edificio era ancora in piedi. E mettendo piede all’interno di quel vecchio pastificio Amelia ha capito di voler riprendere in mano quella storia e darle nuova vita. E per farlo ha chiamato il fratello, Alfonso, che nel frattempo lavorava a Londra. Nell’intervista dice che ha fatto tutto ciò perché, nonostante avesse tutto, fino ad allora non si sentiva così felice.

Una storia lunga 200 anni nel campo della pasta: il valore da comunicare.

Amelia e Alfonso Cuomo non conoscono il mondo della pasta e dei pastifici. Dalla loro però hanno esperienza nel mondo della consulenza e così iniziano a studiare il mercato. Si rendono conto di alcune criticità che la maggior parte dei piccoli pastifici affronta e decidono di differenziare la loro proposta.
Il cuore dell’azienda resta la produzione di pasta, ma nel giro di cinque anni, fratello e sorella creano un bistrot, un b&b e un museo puntando sulla storia di famiglia. Hanno infatti chiesto al professore Silvio De Majo dell’Università Federico Secondo di Napoli di documentare le origini della famiglia Cuomo così da poter testimoniare una tradizione lunga 200 anni. Questo è il vero valore che Pasta Cuomo nelle sue diverse “forme” comunica.

La citazione di Amelia, di Pasta Cuomo

Rischiare, lasciandosi guidare e aiutare.

La storia di Amelia Cuomo e del pastificio da lei co-fondato è emblematica. Non solo perché dentro c’è una vision e una strategia ben definita. Ma anche perché c’è la consapevolezza del sapere che un percorso del genere non sarebbe stato possibile senza un atteggiamento di disponibilità verso gli altri. Nell’intervista lo sottolinea bene, più di una volta, raccontando di quanto importante sia stato il ruolo di chi, in questi anni, ha avuto a che fare con loro. E in più, di quanto sia stato importante un atteggiamento positivo nei confronti di ogni sfida.

Sono questi gli elementi che fanno di questo ritorno a casa non la solita storia di un ritorno a casa.


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Foto di copertina di Jorge Zapata via Unsplash.

Tra empatia e tecnologie ecco come evolve il settore delle risorse umane



La lettera che il 5 maggio scorso il CEO di Airbnb Brian Chesky ha pubblicato annunciando il licenziamento del 25% della propria forza lavoro ha dato il La a questo podcast. Partendo infatti dai commenti che ha generato facciamo un piccolo viaggio nel mondo delle risorse umane e di come sta evolvendo. Nel nostro viaggio, tra gli altri, incontriamo anche Carmela Casella di Eiskill, startup campana che propone un servizio che permette di accorciare i processi di preselezione dei candidati.


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La lettera con cui Brian Chesky ha licenziato i 1900 dipendenti di Airbnb ha già fatto storia. Sono tanti i commenti scritti, sia in Italia che all’Estero. Se nel nostro Paese i principali magazine hanno offerto la traduzione integrale del testo, all’Estero la lettera è stata analizzata passo passo.
Lo ha fatto il blogger Tim Dennis nel suo spazio su medium, attirandosi non poche critiche. Di tutt’altra natura è invece l’analisi che fa Khalil Smith del The Neuroleadership Institute, un istituto di ricerca sulle neuroscienze incentrate sulla leadership con sede a NY.
Nonostante le varie differenze, tutti sono concordi nel leggere – tra le righe – la profonda empatia che Chesky riesce a trasmettere. Smith parla di umanità, un aspetto che non risolve tutti i problemi, ma che certamente aiuta.

La citazione su risorse umane di Carmela di Eiskill

Quali sono le tecnologie impiegate nel settore delle risorse umane?

Nella seconda parte del podcast indaghiamo le innovazioni e le tecnologie che in questi anni sono state impiegate nel settore delle risorse umane. Ci facciamo guidare da Carmela Casella di Eiskill. Questa startup campana aiuta le aziende a diminuire i tempi di selezione dei candidati. Lo fa grazie a un servizio che incrocia intelligenza artificiale e psicologia. Eiskill si inserisce in un filone di startup che all’Estero sta spingendo molto su questi temi. Hire Vue e Pymetrics (per citarne solo due) lavorano sui concetti di gamification applicata al mondo delle risorse umane. L’obiettivo è ridurre il lavoro di pre-selezione e permettere alle aziende scegliere in tempi rapidi il candidato giusto. Un risultato oggi facilmente raggiungibile grazie alle tecnologie disponibili.

 


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Nella foto di copertina: Olivier Collet via Unsplash


I brani utilizzati in questo podcast:

IoT e Intelligenza Artificiale in agricoltura: il caso studio di aprile è Evja

Più o meno tre anni fa di questo periodo pubblicavamo il podcast con l’intervista a Paolo Iasevoli di Evja. La startup campana allora si stava guadagnando un posto di tutto rispetto nel settore della agricoltura smart. Evja mette insieme infatti Internet of Things, Intelligenza Artificiale e modelli agronomici predittivi, un mix che si è rivelato vincente in questi anni perché ha permesso a questa startup di crescere, soprattutto all’Estero. Il prodotto da loro realizzato – OPI – ha trovato una buona accoglienza nel proprio target di riferimento: il settore agricolo, un target che solo apparentemente può essere considerato tradizionalista.
Venerdì 24 aprile abbiamo avuto modo di conoscere meglio il progetto e la storia che c’è dietro Evja perché Paolo Iasevoli è tornato a Start Me Up, questa volta però come protagonista di Casi Studio.

Fai la tua donazione e guarda il “Casi Studio” di aprile

I sostenitori di Start Me Up hanno perciò avuto modo di ascoltare direttamente da Paolo quali sono stati i passi e le difficoltà superate che hanno permesso a Evja di crescere e farsi conoscere in tutto il mondo. Paolo ha inoltre spiegato come Evja ha aiutato il settore dell’agricoltura a essere più intelligente e sostenibile.

Puoi guardare la registrazione di questo appuntamento di Casi Studio effettuando una donazione mensile di almeno 15$ attraverso Patreon. La donazione dà la possibilità anche di accedere alle registrazioni degli appuntamenti passati dedicati alla community Patreon di Start Me Up.

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Cosa fa Evja e come ha innovato il settore dell’agricoltura?

Attiva nel settore agritech, Evja unisce Internet of Things, Intelligenza Artificiale e modelli agronomici predittivi per aiutare le aziende agricole a prendere le migliori decisioni. Così è nato OPI, il sistema di supporto decisionale che permette di ottimizzare l’irrigazione e l’uso di agrofarmaci, ottenendo così un prodotto più sano, coltivato nel rispetto dell’ambiente. Negli anni questa startup si è distinta per una progettazione condivisa con il proprio target di riferimento e per l’attenzione che ha suscitato fuori dai confini italiani. Sono aspetti che verranno trattati durante l’appuntamento di aprile.

Cosa è Casi Studio?

Grazie a Casi Studio scopri le strategie dietro le startup di successo. Mese dopo mese, i founder di startup del Sud Italia racconteranno ai membri della community di Start Me Up le mosse che li hanno portati essere quello che sono.

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Artigiani e creativi si trovano su MakersValley: la storia di questa startup è da manuale.



La storia di MakersValley sembra uscita da un manuale per chi vuole fare impresa. C’è la nicchia di mercato che ha bisogno di innovare, c’è un’innovazione che rappresenta un vantaggio per tutti gli attori coinvolti, c’è un team motivato con le giuste competenze. Lo stesso si può dire della storia che ha portato questa piattaforma a mettere in contatto circa duecento artigiani italiani con più di settemila contatti tra negozi e creativi in tutto il mondo.
Dall’intuizione di una delle co-founder Tiffany Chimal che ha permesso al resto del team di individuare una reale esigenza di mercato, all’applicazione rapida e portata avanti con la giusta dose di creatività, spavalderia e competenza da parte di tutto il team. Sono tutti elementi che hanno permesso a MakersValley di guadagnarsi la fiducia degli artigiani italiani e dei negozianti e designer americani. Lo racconta in questo podcast Alessio Iadicicco che insieme a Tiffany Chimal e a Babajide Okusanya nel 2016 a New York ha fondato MakersValley.

Lavorare ai tempi del Coronavirus

Anche Makers Valley si trova a dover affrontare il clima di incertezza che si respira in questi giorni a causa della rapida diffusione del Coronavirus. Un periodo che obbliga tutti a navigare a vista ma che impone a chi fa impresa di prepararsi a ciò che verrà: per questo motivo al momento il lavoro di progettazione e raccolta di preventivi non si ferma. Si cerca di essere pronti per quando le fabbriche potranno riaprire.

 

La citazione di Alessio di Makers Valley, la startup che mette insieme artigiani e creativi

Un’ultima cosa che ci insegna la storia di MakersValley è la volontà di osare. Grazie all’università Alessio è entrato in contatto con Aiesec, la vita associativa gli ha fornito competenze, lavoro, amicizie e una moglie. L’impatto di queste esperienze nella storia di Alessio è enorme e il successo di MakersValley ne è la prova.


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Chatbot e essere umani: un rapporto felice e destinato a durare nel tempo



I chatbot sono ormai una realtà: oggi vengono utilizzati dalle principali aziende per lo più nel campo del customer care ma è bene tenere presente che quella che stiamo vivendo è una fase transitoria. Il progresso della AI e una maggiore familiarità con i mezzi tecnologici sta portando infatti i chatbot testuali e vocali a essere adottati in ambiti fino a ieri inimmaginabili. Lo spunto per questo argomento ci arriva da Laila, il chatbot di seconda generazione prodotto da Mazer, azienda campana il cui founder e CEO è il protagonista di questo podcast: Carmine Pappagallo.

Cosa fa Laila, il chatbot di seconda generazione

Laila è una piattaforma tecnologica che permette alle aziende di creare delle vere e proprie interazioni con i propri utenti. I produttori parlano chatbot di seconda generazione perché è una tecnologia in grado di gestire il customer service e il marketing conversazionale, garantendo ottimi risultati in termini di affiliazione e di soddisfazione degli utenti. Laila si basa su una sofisticata Intelligenza Artificiale in grado di elevare la capacità di comprensione del dialogo con l’essere umano a un livello superiore, capace di comprendere le varie sfumature della lingua italiana. L’intelligenza artificiale di Laila è in grado di monitorare costantemente il “sentiment” dell’utente, di interpretarne le esigenze a prescindere dalla qualità del linguaggio da lui espresso, di ricercare la risposta nell’ambito delle informazioni aziendali a sua disposizione e di proporla nella forma che l’utente è meglio in grado di comprendere.

Chatbot e esseri umani: cosa accade dal punto di vista psicologico?

Partendo dalle potenzialità espresse da Laila abbiamo deciso di indagare il modo in cui l’essere umano si rapporta da un punto di vista psicologico con i chatbot. Ci siamo fatti aiutare da Donatella Ruggeri, psicologa, esperta di UX, che lavora presso Idib Group ed è a capo della Settimana del Cervello. Il quadro che Donatella ci restituisce mostra una certa adattabilità dell’essere umano nell’interazione con i bot testuali e vocali.
La nostra analisi parte dalla recensione che la stessa Donatella ha scritto sul chatbot creato dal portale paginemediche.it per permettere agli utenti di sapere se i sintomi che accusano possono essere legati al coronavirus. Un esempio che mostra tutta la potenzialità del chatbot, e soprattutto ne testimonia la familiarità degli utenti con questo tipo di interazioni.
È interessante inoltre notare come cambia il modo di parlare quando da umani ci troviamo a interagire consapevolmente con dei bot. Infine se questo articolo mette in evidenza tutte le potenzialità dei chatbot in ambiti insoliti (come quello del dating online), dall’altro ci sono ricerche che mettono in relazione la diffusione di queste tecnologie con una condizione esistenziale caratterizzata dalla solitudine degli utenti del futuro.

La citazione sul chatbot di Carmine di Mazer

Un futuro prossimo ma ancora lontano, assicura Carmine Pappagallo di Mazer che sottolinea come l’impegno dell’azienda si concentrerà nella diffusione di Laila anche nell’ambito del marketing relazionale, garantendo performance oggi impensabili per team composto da soli esseri umani. Un lavoro avvalorato dalla ricerca che arriva dall’università della Campania che sin dall’inizio ha seguito il progetto Laila e che presto sarà curato anche dall’Ateneo Federico II di Napoli.


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Foto di copertina di Alex Knight via Unsplash

Benessere dei dipendenti e open innovation: così cresce Kineton



Trovare un solo aspetto per motivare la scelta di voler parlare di Kineton è davvero dura. La scale up campana in questi anni si è distinta per i progetti che sta portando avanti, i processi di open innovation che ha messo in atto e per le sue politiche aziendali a favore dei propri dipendenti. Ho cercato di fare il punto con il responsabile marketing dell’azienda, Angelo Ferraro. Il podcast che ne è venuto fuori cerca di racchiudere la complessità e la bellezza di Kineton, una realtà che è orgogliosamente del Sud Italia e che – ci auguriamo – possa diventare un modello per le altre aziende, startup, scale up o PMI nell’attenzione e nella cura dell’intero modello di sviluppo.

Una crescita su tre pilastri: media, automotive e telco.

Il primo aspetto che viene fuori dalla storia di Kineton è la crescita esponenziale che questa azienda ha avuto in questi primi anni di vita. Lo racconta molto bene Angelo nell’intervista, mettendo in risalto come i tre ambiti in cui opera oggi Kineton siano – di fatto – sempre stati presenti. Parliamo di media, automotive e telco: tre settori che rispecchiano le competenze e il percorso formativo e aziendale che ha portato 10 professionisti nel marzo 2017 a fondare Kineton. Oggi l’azienda conta 246 persone: un capitale umano costruito con una mission precisa, totalmente concentrata sul benessere del lavoratore.

Open Innovation come stimolo per l’inventiva dei propri dipendenti

L’altro aspetto che è interessante indagare nella storia di Kineton è composto dai vari processi di Open Innovation che l’azienda ha intrapreso fino a qui. Due aziende su tutte Sky e Chrysler FCA hanno implementato soluzioni che sono state sviluppate dai dipendenti di Kineton. Un rapporto fruttuoso per tutti, che ha portato Kineton a crescere rapidamente mantenendo però i piedi ben piantati a terra. È Angelo a specificare che al di là di queste grosse collaborazioni è nell’inventiva dei propri ingegneri che risiede la ricchezza di questa scale up.

La citazione di Angelo di Kineton

Se ci fermassimo ai primi due elementi avremmo potuto affermare tranquillamente che Kineton sia una bella realtà tecnologica del Sud Italia che dialoga con grossi nomi dell’industria internazionale. In realtà, dal punto di vista sociale, Kineton ha tanto da insegnare proprio per la cura e l’attenzione che mette nel preservare i propri dipendenti.
Lo fa attraverso una Academy che – totalmente autofinanziata e istituita in collaborazione con alcuni atenei – permette agli studenti di imparare ciò che l’università non riesce loro a insegnare. Spiega Angelo che l’insegnamento accademico spesso non riesce a mantenere il passo con le esigenze del mercato, così Kineton ha pensato di strutturare dei corsi che fino a oggi hanno permesso a giovani studenti campani di accedere la mercato del lavoro.

Il benessere dei dipendenti vera ricchezza di Kineton

Ma l’attenzione di Kineton verso i propri dipendenti non si ferma qui. Il benessere del lavoratore secondo Kineton risiede infatti nella consapevolezza che ogni dipendente può disporre di un asilo nido aziendale, palestre con istruttore, sala musica, mensa con menu personalizzato e almeno due feste aziendali l’anno. Lo scopo? Offrire un luogo (non solo fisico) accogliente così da avere una garanzia sulla qualità del lavoro prodotto. Lo dice bene Angelo durante l’intervista: “Il nostro vero know-how, la nostra ricchezza è data dai dipendenti, non dai clienti. E il fatturato è una conseguenza delle condizioni di benessere e serenità che riusciamo a garantire ai nostri dipendenti”. Una frase che da sola racchiude un vero e proprio manifesto aziendale che viene espresso quotidianamente e orgogliosamente al Sud Italia.


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Foto di copertina di Dawid Zawiła via Unsplash


Ridefinire il concetto di bene comune: l’ex asilo Filangieri di Napoli



Foto di partivano i bastimenti, opera all'ingresso dell'asilo, bene comuneEra da tempo che sentivo parlare dell’ex asilo Filangieri di Napoli, una struttura che dal 2012 sta ridefinendo il concetto di uso dei beni pubblici in Italia. Per questo, di passaggio nella città partenopea, non potevo non andare a trovarli e passeggiare all’interno di questo edificio che, costruito nel 1572, faceva parte del plesso del convento di San Gregorio Armeno. Grazie al contributo di Marina Nardone sono riuscito a mettermi in contatto con alcune persone del collettivo (tutti operatori del mondo della cultura e dello spettacolo) e una volta lì sono stato guidato da Fabrizio e Cesare che mi hanno raccontato cosa l’ex asilo Filangieri è diventato e sopratutto cosa rappresenta per il quartiere e l’Italia intera.

Il mio primo incontro con il gruppo dell’ex-asilo è stato a pranzo:. L’atmosfera è stata da subito conviviale nonostante le mie mille domande. Le risposte di ciascuno mi hanno raccontato di come lo spazio sia stato prima occupato e poi liberato, mi hanno detto delle criticità superate, di come si sia arrivati a dedicare uno spazio alla cultura gestito da chi di cultura ci vive, e tanto altro. Fatti, aneddoti, pensieri che resteranno nella mia testa e che – mannaggia a me – non vi faccio sentire perché ho dimenticato di accendere il registratore. 

Le domande che sentirete invece verteranno principalmente su tre argomenti.

La gestione assembleare della struttura

sala dell'anti teatro all'asilo filangieriUna delle prime cose che salta agli occhi quando si parla dell’ex-Asilo è la gestione assembleare della struttura. È spiegata anche nella guida pratica che trovate sul sito ufficiale. Lì, oltre alle modalità, viene esplicitato il senso di questo gesto. Il gruppo, consapevole di non voler appropriarsi di uno spazio attraverso un gesto coatto come l’occupazione, rimette nelle mani di una assemblea aperta la gestione e l’uso degli ambienti dell’asilo. È la modalità che garantisce la maggior trasparenza – mi dice Cesare – ed è un modo per evitare che si creino posizioni dominanti all’interno dello stabile. L’assemblea è un organo fluido, una caratterista che ritroviamo anche nell’organizzazione degli spazi che sono belli e curati in ogni minimo dettaglio.

Il rapporto con il quartiere

Uno dei punti deboli più comuni dei centri che si occupano di cultura è il rapporto con il vicinato. Anche l’ex-asilo affronta questa criticità, a cui va aggiunto il tema del turismo intensivo che nella zona è davvero impressionante (l’asilo è a ridosso di S.Gregorio Armeno, la via dei presepi e a due passi da via dei Tribunali). E così l’asilo rappresenta soprattutto per i più piccoli un luogo dove incontrarsi e “stare”, con tutte le conseguenze del caso. Ma questo ha anche dei benefici: Cesare racconta di come sia sempre interessante interagire con queste persone e per certi versi arricchente perché riescono a cogliere aspetti del messaggio dell’ex-asilo che altri non riescono.

Il ruolo dell’ex-asilo nella gestione dei beni comuni

opera all'interno dell'asilo, bene comuneL’ex asilo Filangieri nasce nel marzo del 2012, in un momento storico in cui in Italia ci si interrogava su cosa fossero i beni comuni e soprattutto, cosa se ne dovesse fare. Se in altre città si occupavano i teatri (a Roma il Valle, a Palermo il Garibaldi, a Messina il Teatro in Fiera) con esperienze che nel tempo e per motivi diversi sono andate sgonfiandosi, a Napoli il ragionamento è stato diverso. La gestione assembleare che abbiamo descritto sopra è diventata una vera e propria alternativa all’affidamento attraverso bando di gara da parte dell’ente preposto al controllo. Se la decisione di non occupare nel senso canonico del termine la struttura è stata dell’assemblea, dall’altra parte c’è stata la lungimiranza del Comune di Napoli che ha autorizzato questa forma di gestione, nonostante l’assenza di una legge apposita. Alcuni hanno gridato allo scandalo, per altri invece, è solo il primo passo verso un nuovo modo di intendere e gestire il bene comune.

Con questo reportage cerchiamo di fare un racconto il più oggettivo possibile, lasciando ampio spazio alle voci dei protagonisti.

Nel podcast viene citata questa intervista a Nicola Capone.

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Jazz’Inn 2019 Pietrelcina: lo speciale in tre podcast di Start Me Up

Dal 28 al 31 luglio 2019 siamo stati a Pietrelcina in provincia di Benevento per raccontarvi uno degli eventi più interessanti tra quelli dedicati all’innovazione in tutto il panorama italiano.

Ci riferiamo a Jazz’Inn, il festival nato ormai 3 anni fa proprio in provincia di Benevento come ancora di salvezza per “Jazz sotto le stelle”, storica rassegna di musica jazz che si svolge da tempo nel paesino di S.Pio. Per chi non ricordasse la storia può ascoltarla nel podcast che abbiamo pubblicato un anno fa circa (ci arrivate cliccando sull’immagine che trovate di seguito).

Jazz e innovazione: concerti

Clicca sull’immagine per ascoltare il podcast “Jazz e innovazione per una storia che vale la pena raccontare”

Jazz’Inn 2019: un format “costruttivo”

I tavoli di lavoro di Jazz'Inn rappresentano la vera innovazioneIl modello di Jazz’Inn è quanto di più semplice ci possa essere: nei giorni precedenti l’evento si chiede a aziende, startup o semplici appassionati di proporre un tema e/o un problema di cui discutere. Queste richieste diventano tavoli di lavoro a cui i partecipanti decidono di iscriversi. Nel giro di due sessioni da un’ora ciascuno i partecipanti ai tavoli cercano – ognuno con il proprio punto di vista – una possibile soluzione al problema proposto. La formula funziona principalmente perché spesso al tavolo siedono persone con competenze ed esperienze diverse: le restituzioni dei vari tavoli (che avvengono alla fine di ogni giornata) rilevano il livello di creatività e di confronto che i partecipanti sperimentano in modo costruttivo. Non è infatti un modo di dire che il vero lavoro per chi partecipa a Jazz’Inn inizi proprio alla fine dell’evento. Seppur la manifestazione sia al terzo anno, si sono già registrati casi di progetti nati tra i tavoli di lavoro di Jazz’Inn, per non contare le collaborazioni nate dalla semplice connessione delle persone.

Il modello slow dell’innovazione di Ampioraggio

Il punto di forza di Ampioraggio, la fondazione che organizza Jazz’Inn è il modello slow legato al mondo dell’innovazione. Sembra un paradosso, in realtà la scelta è motivata e vincente. Motivata perché parlare di lavoro e nuovi progetti tra un bicchiere di vino e un concerto jazz è sicuramente più piacevole. Vincente perché nel corso degli anni Jazz’Inn è cresciuto in quantità e qualità. Per la prima volta quest’anno il format è stato replicato a Lagueglia, in Liguria ottenendo un buon riscontro. Inoltre, l’edizione 2019 di Pietrelcina ha potuto contare – tra gli altri – sul sostegno di Invitalia e Azimut.

Lo speciale di Start Me Up dedicato a Jazz’Inn: un racconto corale

Nel corso di Jazz’Inn Start Me Up ha pubblicato tre podcast speciali raccogliendo le voci dei protagonisti che hanno preso parte all’evento. Li abbiamo pubblicati direttamente dal posto, uno al giorno. Per comodità mettiamo il link alla fine di questo articolo: vi basterà cliccare sull’immagine per ascoltare il podcast.

Jazzinn al via con l’Invitalia day – podcast #01

È stata ridefinita Invitalia Day la prima giornata di Jazzinn 2019 che si è svolta sul Sannio Express e a Pietrelcina presso la sede di CFP RICERCHE INNOVAZIONE SRL. Si parla di Invitalia Day perché Invitalia oggi ha avuto modo di presentare alcune idee di impresa nate grazie alle misure promosse da questo ente. Ma… Leggi tutto

player podcast speciale 1

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L’innovazione di Jazz’Inn passa tra i tavoli di lavoro – podcast #02

Secondo podcast speciale dedicato a Jazz’Inn 2019 di Pietrelcina. In poco più di trenta minuti ripercorriamo insieme il secondo giorno dell’evento, il primo in cui erano previsti i tavoli di lavoro. Ci aiuta a farlo il primo ospite di questo podcast, Anna Elisa Fersini della Fondazione Ampioraggio a cui abbiamo chiesto un bilancio di questa… Leggi tutto

il player del secondo podcast speciale su jazzinn

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Contaminazione e entusiasmo la ricetta di Jazz’inn – podcast #03

Non ci sono parole migliori per descrivere la seconda giornata dell’edizione 2019 di Jazz’Inn: contaminazione e entusiasmo. Proviamo a raccontarvelo – nonostante la stanchezza – anche in questo terzo speciale che dedichiamo a questo evento e che ci porta inevitabilmente a fare anche un bilancio dell’intera edizione. Come negli altri due speciali poi, cerchiamo di… Leggi tutto

Il player del terzo podcast speciale dedicato a jazzinn

Le interviste video

Nel corso dell’evento abbiamo anche realizzato delle brevi interviste video ad alcuni dei protagonisti di JazzInn 2019 – Pietrelcina. I video sono stati pubblicati nel canale ufficiale di Fondazione Ampioraggio e sono stati realizzati grazie alla preziosa collaborazione di Diamante Content.

L’innovazione di Jazz’Inn passa tra i tavoli di lavoro



Secondo podcast speciale dedicato a Jazz’Inn 2019 di Pietrelcina. In poco più di trenta minuti ripercorriamo insieme il secondo giorno dell’evento, il primo in cui erano previsti i tavoli di lavoro. Ci aiuta a farlo il primo ospite di questo podcast, Anna Elisa Fersini della Fondazione Ampioraggio a cui abbiamo chiesto un bilancio di questa giornata. Anna Elisa nel corso dei lavori ha avuto modo di raccontare ai presenti come lavora la Fondazione Ampioraggio che – lo ricordiamo – al momento è impegnata nell’iter di riconoscimento giuridico. Anna Elisa racconta lo stato dell’arte di questo processo ma sopratutto il valore dell’azione di questa Fondazione il cui impegno non si esaurisce nell’organizzazione e nel coordinamento di Jazz’Inn.

Tavoli di lavoro: dai cittadini smart alle occasioni targate UE

Al via in questa seconda giornata i tavoli di lavoro: ci sarebbe piaciuto farveli sentire tutti, ma naturalmente non è stato possibile. Abbiamo così deciso di ospitare Flavia Marzano, Assessora a Roma Semplice che ha coordinato il tavolo Smart Citizen. Flavia racconta le sue aspettative e ciò che è riuscita a trarne dal lavoro di oggi: soluzioni che potrà utilizzare nel proprio lavori nei prossimi mesi. Con Flavia parliamo anche delle tecnologie Open nell’era in cui internet è sempre più in mano ai grossi monopoli. Potete immaginare la sua risposta, vero? Verificatelo ascoltando il podcast. Oltre al tavolo coordinato da Flavia abbiamo poi chiesto a Francesco Roca di ENEA, Enterprise Europe Network cosa è accaduto nel tavolo dedicato alle risorse messe in campo dalla UE per le startup e le PMI. Ne sono venute fuori grosse possibilità di finanziamento, soprattutto nel campo della ricerca. Francesco ne elenca alcune che possono essere approfondite sul sito … oppure chiedendo direttamente allo staff di ENEA.

Per le startup occasioni di finanzimento e networking

Tra i tavoli di lavoro si aggirano anche molte startup: alcune sono lì per cercare finanziamenti, altre semplicemente per fare network o stabilire nuove collaborazioni. È accaduto a Lagueglia dove Lorella e Carmen Troncone di Luogo Sicuro hanno stretto una partnership con Esa. Luogo Sicuro è una applicazione che porta il piano di protezione civile sugli smartphone dei cittadini. Un vero e proprio vantaggio perché attualmente tutto viene gestito attraverso mappe cartacee che gli enti sono obbligati a fornire a ogni cittadino. Luogo sicuro permette inoltre di informare tempestivamente sia i cittadini che i soccorritori nelle emergenze. Grazie poi alla collaborazione con Esa Luogo Sicuro riesce a installare delle piastrine in cui è possibile conservare lo stato di salute dell’edificio. Informazioni che sono presenti in loco e sulla mappa così da permettere ai soccorritori di intervenire dove ce n’è più bisogno. Ce ne parla Sasha Carraro.

Infine chiude questo secondo podcast speciale Jazz’Inn 2019 Pietrelcina Maurizio Gullotti che ci presenta Godrink, una app di social drinking. Grazie a questa applicazione è possibile condividere un bicchiere di vino con persone che non conosciamo e che amano bere in compagnia. Maurizio è venuto a Pietrelcina per conoscere nuovi imprenditori e promuovere la sua app che è online da un anno e mezzo con un buon riscontro da parte dell’utenza. Ci racconta in questo podcast i piccoli aggiustamenti che ha apportato grazie ai pareri degli utenti.

Cosa è Ampioraggio

Ampioraggio nasce con l’obiettivo di mettere in relazione innovatori, acceleratori di innovazione e mercato domestico e internazionale.

La Fondazione Ampioraggio è un ecosistema dell’innovazione, che crea visibilità e spazi di mercato, mettendo insieme imprese e startup innovative, grandi imprese, esperti dei mercati internazionali, stakeholders di settore, ricercatori e global techbuyers.

Per conoscere la storia di Jazzinn e Ampioraggio ascolta i podcast Jazz e innovazione per una storia che vale la pena raccontare e Una fondazione con al centro l’innovazione per rispondere alle esigenze dell’Italia.

Questo speciale è stato realizzato in collaborazione con Fondazione Ampioraggio.


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